giovedì 27 febbraio 2014

RIVELAZIONI A SUOR MARIA DI AGREDA

 
RIVELAZIONI A SUOR MARIA DI AGREDA (Agreda, 1605 - 1665)  http://www.mensageiradapaz.org/saojose/santa%20vida%20sj.html
 
 
MISTICA CITTA' DI DIO - CAPITOLI 15 E 16

IL FELICISSIMO TRANSITO DI SAN GIUSEPPE
 
873. Correva già l'ottavo anno da quando le infermità e la debolezza avevano colpito il fortunato san Giuseppe, volgendo il suo generoso spirito a purificarsi sempre più nel crogiolo della pazienza e dell'amore divino. Gli anni di vita e gli acciacchi della malattia avevano debilitato le sue forze a tal punto che il suo corpo reagiva sempre meno, avviandosi verso l'inevitabile fine dell'esistenza, in cui tutti noi, figli di Adamo, abbiamo il dovere di pagare il comune debito della morte. Nel frattempo cresceva la cura e la sollecitudine della sua celeste sposa, nostra Regina, nell'assisterlo e servirlo con inviolabile attenzione. E conoscendo l'amantissima Signora, con la sua rara sapienza, che si avvicinava il giorno in cui il suo castissimo sposo sarebbe uscito dal pesante esilio terreno, si presentò dinanzi al suo santissimo Figlio e gli disse: «Signore, altissimo Dio, salvatore del mondo, figlio dell'eterno Padre, so per divina ispirazione che già si approssima il tempo stabilito dalla vostra eterna volontà per la morte del vostro servo Giuseppe. Io vi supplico, per le vostre arcane misericordie e per la vostra infinita bontà, che lo assista in quest'ora il braccio onnipotente della vostra Maestà, affinché la sua morte sia preziosa ai vostri occhi come è stata ad essi gradita la rettitudine della sua vita. Fate in modo che esca dal suo pellegrinaggio terreno in pace, con la speranza certa dei premi eterni per il giorno in cui la vostra benignità aprirà le porte dei cieli a tutti i credenti. Ricordatevi, Figlio mio, dell'amore e dell'umiltà del vostro servo, della sua pienezza di meriti e di virtù, della sua fedeltà e della sua sollecitudine verso di me, e di come quest'uomo giusto si impegnò col sudore della sua fronte per sostentare la vostra grandezza, e me umile serva vostra».
874. Il nostro Salvatore le rispose: «Madre mia, le vostre richieste mi sono gradite, e sono presenti al mio cospetto i meriti di Giuseppe. Io lo assisterò e gli assegnerò tra i principi del mio popolo, per il tempo opportuno, una sede tanto eminente da destare la meraviglia degli angeli, e da essere motivo di lode per loro e per gli uomini. Con nessuna generazione opererò ciò che farò per il vostro sposo». Per questa promessa la divina Signora rese grazie al suo dolcissimo Figlio e prima della morte, per nove giorni, assieme a lui assistette san Giuseppe ininterrottamente senza lasciarlo mai solo. In questo tempo, per ordine dello stesso Signore, i santi angeli eseguivano, tre volte al giorno, per il fortunato infermo una celeste musica, invocando benedizioni su di lui ed innalzando cantici di lode all'Altissimo. Inoltre, si percepì in tutta quell'umile ma invidiabile casa una soavissima fragranza di odori così leggiadri che confortavano non solo il santo Giuseppe, ma anche tutti quelli che si trovavano fuori dalla sua abitazione, dove quell'aroma si era diffuso.
875. Un giorno, prima di morire, il pio uomo, tutto infiammato nel divino amore per i benefici ricevuti, ebbe un'altissima estasi della durata di ventiquattro ore, in cui il Signore per miracoloso intervento gli preservò le forze e la vita. In questo grandioso rapimento vide chiaramente la divina essenza: in essa gli fu manifestato senza ombre né misteri ciò che per fede aveva creduto riguardo all'incomprensibile Divinità, come pure il mistero dell'incarnazione, della redenzione umana, della Chiesa militante e di tutti i sacramenti che ad essa appartengono. La santissima Trinità scelse ed elesse Giuseppe come precursore di Cristo, nostro salvatore, presso i santi padri e profeti del limbo, e gli affidò il mandato di annunziare a questi la redenzione, preparandoli a ricevere la venuta e la visita dello stesso Signore, per tirarli fuori da quel seno di Abramo e condurli alla felicità e al riposo eterno. Maria santissima vide tutto ciò nello specchio dell'anima del suo santissimo Figlio, nella medesima forma in cui le si erano rivelati gli altri misteri, e comprese come tutto si era operato nella vita del suo amantissimo sposo; la gran Principessa rese allora degne grazie al Signore.
876. San Giuseppe rientrò in sé da questa estasi con il volto circonfuso di splendore, rilucente di una straordinaria bellezza, e con la mente tutta santificata dalla vista di Dio. Parlando con la sua santissima sposa le chiese la sua benedizione; ella pregò il suo santissimo Figlio perché gliela desse, e la divina Maestà obbedì. Subito dopo la gran Regina, come maestra di umiltà, postasi in ginocchio chiese a san Giuseppe che, come sposo e capo, la benedicesse. L'uomo di Dio per consolare la prudentissima sposa, trasportato dall'impulso divino, nell'accomiatarla le impartì la sua benedizione. Ella gli baciò la mano con la quale l'aveva benedetta e lo pregò di salutare da parte sua i santi padri del limbo. Giuseppe, per chiudere il testamento della sua vita con il sigillo dell'umiltà, domandò perdono alla sua celeste sposa per tutte le mancanze che, come uomo fragile e terreno, aveva commesso nel servirla e nello stimarla, e la pregò che in quell'ora non lo abbandonasse, assistendolo e intercedendo per lui con le sue orazioni. Il santo sposo ringraziò anche il suo santissimo Figlio per i benefici che aveva ricevuto dalla sua liberalissima mano in tutta la sua vita e specialmente nella malattia. Le ultime parole che san Giuseppe pronunziò, conversando con la sua sposa, furono queste: «Benedetta siete fra tutte le donne, ed eletta fra tutte le creature. Vi lodino gli angeli e gli uomini: tutte le generazioni conoscano, magnifichino ed esaltino la vostra dignità; e tramite voi sia conosciuto, adorato ed esaltato il nome dell'Altissimo per tutti i secoli futuri, e sia eternamente lodato per avervi creata così preziosa agli occhi suoi e di tutti gli spiriti celesti. Spero di godere della vostra vista nella patria celeste».
877. L 'uomo di Dio si volse quindi a Cristo nostro Signore, e per parlare a sua Maestà con profonda riverenza, anche in quell'ora, tentò di inginocchiarsi a terra, ma il dolcissimo Gesù si avvicinò a lui e lo ricevette tra le sue braccia. Egli allora, con il capo reclinato in queste, gli disse: «Signore mio e Dio altissimo, figlio dell'eterno Padre, creatore e redentore del mondo, date la vostra eterna benedizione al vostro schiavo, alla creatura delle vostre mani. Perdonate, o Re pietosissimo, le colpe che indegnamente ho commesso nel servirvi e nello stare in vostra compagnia. Io vi confesso, vi magnifico ed esalto e con cuore umile vi rendo eternamente grazie per avermi eletto fra tutti gli uomini, per vostra ineffabile benignità, come sposo della vostra vera Madre. La vostra grandezza e la vostra stessa gloria siano il mio ringraziamento per tutta l'eternità». Il Redentore del mondo gli impartì la benedizione, e gli disse: «Padre mio, riposate in pace e nella grazia mia e del mio Padre celeste. Ai miei profeti e santi che vi attendono nel limbo darete il lieto annunzio che già si avvicina la loro redenzione». A queste parole di Gesù e nelle sue stesse braccia il santo e felicissimo Giuseppe spirò; e sua Maestà gli chiuse gli occhi. Nel medesimo istante la moltitudine degli angeli, che ivi si trovavano con il loro Re supremo e con la loro Regina, intonarono dolci cantici di lode con celesti ed armoniose voci. Subito per ordine di sua Altezza portarono la santissima anima al limbo dei padri e dei profeti dove, piena di splendori e di incomparabile grazia, tutti la riconobbero come quella del padre putativo del Redentore del mondo, suo grande favorito e degno di singolare venerazione. E, secondo quanto gli aveva ordinato il Signore, egli cagionò in quella innumerevole assemblea di santi un nuovo giubilo, comunicando ad essi la lieta notizia: era ormai prossimo il loro riscatto.
878. Nonostante la preziosa morte di san Giuseppe fosse stata preceduta da così lunghe infermità e da estenuanti dolori, vi furono anche altre cause che la determinarono e che non è opportuno passare sotto silenzio. Con tutte le sue malattie, infatti, avrebbe potuto prolungarsi ancora la sua vita, se a queste non si fossero sovrapposti gli effetti provocati dall'ardentissimo fuoco di amore che incendiava il suo rettissimo cuore. Ed affinché questa felicissima morte fosse più il trionfo dell'amore che il castigo delle colpe, il Signore sospese l'intervento speciale e miracoloso con cui preservava le forze naturali del suo servo perché non venissero vinte dalla violenza dell'amore. Mancando questo contributo divino la natura si arrese e si sciolse il laccio che tratteneva quella santissima anima nella prigione della corruttibilità del corpo, nella cui separazione consiste la nostra morte. Così l'amore, come ho già narrato, fu l'ultima pena delle sue infermità e fu anche la più grande e la più gloriosa, poiché con essa la morte è sonno del corpo e principio della vita indefettibile.
879. La gran Signora dei cieli, vedendo morto il suo sposo, preparò il suo corpo per la sepoltura, e secondo l'u sanza comune lo vestì, senza che lo toccassero altre mani all'infuori delle sue e di quelle dei santi angeli che, in forma umana, l'aiutarono. Ed affinché non fosse scalfita l'onestissima modestia della vergine Madre, il Signore avvolse il corpo del defunto Giuseppe di un mirabile splendore che lo ricopriva in modo da non fare apparire agli occhi altro che il volto. E così la purissima sposa non lo vide, sebbene lo vestisse per la sepoltura. Alla fragranza che emanava accorsero alcune persone; ognuno al vederlo così bello, come se fosse stato vivo, era preso da grande stupore. Con l'assistenza di parenti, amici e molti altri e specialmente del Redentore del mondo, della sua beatissima Madre e della innumerevole schiera di angeli, il sacro corpo del glorioso san Giuseppe fu portato alla comune sepoltura. In tutte queste azioni ed occasioni la prudentissima Regina serbò il suo immutabile contegno e la sua austerità senza cadere in gesti scomposti, leggeri e femminili; né il dolore le impedì di accudire a tutte le cose necessarie al suo santissimo Figlio ed all'ossequio del suo defunto sposo. Il cuore regale e magnanimo della Signora delle genti si prodigava per tutto. Subito dopo ella rese grazie al proprio figlio e vero Dio per i favori che aveva dispensato al suo santo sposo, e con dimostrazioni di altissima riverenza ed umiltà prostratasi dinanzi a lui pronunciò queste parole: «Signore e padrone di tutto il mio essere, vero figlio e maestro mio, la santità di Giuseppe mio sposo poté trattenervi finora con noi e fare in modo che meritassimo la vostra desiderabile compagnia, ma con la morte del vostro amato servo posso io ben temere di perdere il bene che non merito. Consideratevi, o Signore, come obbligato dalla vostra stessa bontà a non abbandonarmi. Accoglietemi di nuovo come vostra serva accettando gli umili desideri e l'ansietà di un cuore che vi ama». Il Salvatore del mondo accettò questa nuova offerta della sua santissima Madre e la rassicurò che non l'avrebbe lasciata sola sino a quando, per volontà dell'eterno Padre, non fosse venuto il tempo di iniziare la predicazione.
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887. Non è nell'intento di questa Storia scrivere di proposito le meraviglie della santità di san Giuseppe, né io ho l'ordine di farlo più di quanto sia necessario per meglio manifestare la dignità della sua sposa e nostra Regina, ai meriti della quale, dopo quelli del suo santissimo Figlio, si devono attribuire i doni e le grazie che l'Altissimo pose nel glorioso patriarca. E se anche la divina Signora non fosse stata la causa meritoria o lo strumento della santità del suo sposo, fu per lo meno il fine immediato al quale questa venne destinata; infatti, il Signore comunicò al suo servo Giuseppe la pienezza di virtù e di grazia necessaria affinché fosse degno sposo e custode di colei che si sceglieva come Madre. La santità di san Giuseppe, quindi, si deve misurare partendo da questo criterio e dall'amore e dalla stima che lo stesso Signore ebbe per la sua Madre santissima. Conformemente a tale pensiero credo che, se nel mondo vi fosse stato un uomo più perfetto e di qualità migliori, quello senza dubbio il Signore avrebbe dato a sua Madre come sposo; e siccome Dio la diede al patriarca san Giuseppe, costui dovette essere incontestabilmente il migliore su tutta la terra. Avendolo creato e preparato per fini tanto sublimi, è certo che la sua potente destra lo dovette rendere adatto e all'altezza di essi; la misura della luce divina doveva essere in relazione alla santità, alle virtù, ai doni, alle grazie e alle inclinazioni infuse e naturali.
888. Tra questo grande patriarca e gli altri santi noto una differenza. Infatti a molti di loro furono dati altri favori e privilegi, non tutti ordinati alla santità personale ma al servizio del Signore negli uomini; erano cioè grazie "gratis datae". In san Giuseppe, al contrario, i doni erano tutti finalizzati ad aumentare virtù e santità: quanto più egli era perfetto ed angelico, tanto più era adatto ad essere lo sposo di Maria santissima e il depositario del tesoro e del mistero del cielo; tutta la sua persona doveva essere un miracolo di santità, e lo fu. Questa meraviglia, per una particolare provvidenza del Signore, incominciò in lui fin dal grembo materno: il suo corpo fu dotato di temperamento equilibrato, di eccellenti qualità, di attitudine alla virtù, affinché subito fosse terra benedetta e ricevesse in sorte un'anima buona e delle inclinazioni rette. Egli fu santificato nel grembo di sua madre nel settimo mese; per tutta la vita gli restò legato il fomite del peccato e non ebbe mai moto impuro o sregolato; inoltre, benché in questa prima santificazione non gli fosse dato l'uso della ragione, ma la sola giustificazione dal peccato originale, sua madre sentì un nuovo giubilo nello Spirito Santo. Senza comprendere tutto il mistero, ella fece grandi atti di virtù e pensò che il figlio che portava in seno sarebbe stato ammirabile agli occhi di Dio e degli uomini.
889. San Giuseppe venne alla luce molto bello e perfetto, e suscitò in genitori e congiunti una gioia straordinaria, simile a quella che vi fu alla nascita del Battista, anche se la causa di tale gaudio fu più misteriosa. Già a tre anni gli fu concesso il perfetto uso della ragione, attraverso la scienza infusa e un nuovo aumento di grazia. Da quel momento il bambino cominciò a conoscere Dio per mezzo della fede e mediante la conoscenza naturale il Signore gli si rivelò anche come causa prima ed autore di tutte le cose, per cui ascoltava con attenzione e capiva profondamente ciò che si diceva dell'Altissimo e delle sue opere. Fin da allora ebbe il sublime dono dell'orazione e della contemplazione e l'ammirabile esercizio delle virtù, conformemente alla sua età. A tre anni, quindi, san Giuseppe era già uomo perfetto nell'uso della ragione - che comunemente si raggiunge intorno ai sette anni - e nella santità. Era di indole dolce, caritatevole, affabile, sincera, in tutto mostrava inclinazioni non solamente sante ma angeliche e, crescendo sempre più nella perfezione, giunse con una vita irreprensibile all'età in cui si sposò con Maria santissima.
890. Dopo le nozze intervennero le preghiere della divina Signora affinché gli venissero accresciuti i doni della grazia e fosse confermato in essa. Ella supplicò con insistenza l'Altissimo che, se le ordinava di sposarsi, santificasse il suo sposo Giuseppe per conformarlo ai suoi castissimi pensieri e desideri. Il Signore le fece sapere che la esaudiva e con la forza del suo braccio onnipotente operò copiosamente nello spirito e nelle facoltà del patriarca san Giuseppe effetti tanto divini che non si possono esprimere a parole; lo rivestì di tutte le virtù e di tutti i suoi doni. Inoltre, lo purificò di nuovo e lo ricolmò di grazia, confermandolo mirabilmente in essa. Nella castità il santo sposo fu esaltato più dei più alti serafini, perché la purezza che essi hanno senza il corpo fu concessa a san Giuseppe in un corpo corruttibile e in una carne mortale; mai entrò nelle sue facoltà immagine o specie di cosa impura della natura animale e sensibile. Essendo stato preservato da tutto questo, con una sincerità cristallina ed angelica, egli venne preparato a stare in compagnia e alla presenza della purissima fra tutte le creature; senza tale privilegio, infatti, non sarebbe stato all'altezza di una così grande dignità.
891. Nelle altre virtù fu ammirabile e singolare, specialmente nella carità, come chi si trova alla fonte per dissetarsi di quell'acqua viva che zampilla per la vita eterna o come materia che, vicino al fuoco, s'infiamma senza alcuna resistenza. La più grande esaltazione di questa virtù nel nostro santo si realizzò in quel che ho narrato nel capitolo precedente, giacché l'amore di Dio lo fece ammalare e fu proprio questo lo strumento che tagliò il filo della sua vita, rendendolo privilegiato nella morte. Le dolci angosce dell'amore, infatti, sorpassarono e quasi assorbirono quelle della natura, e queste operarono meno di quelle. Inoltre, siccome il santo ebbe così vicino l'oggetto del suo amore, Cristo nostro Signore e sua Madre, più di quanto abbia potuto o possa averli qualsiasi altro mortale, era inevitabile che quel candidissimo e purissimo cuore si consumasse tutto in affetti ed in effetti della più singolare carità. Benedetto sia l'Autore di meraviglie così grandi e benedetto sia il più felice tra i mortali, nel quale tutte queste meraviglie furono operate degnamente! È ben giusto che le nazioni e le generazioni lo conoscano e benedicano, poiché con nessun'altra creatura il Signore fece tali cose e a nessun'altra manifestò tanto il suo amore.
892. Delle visioni e rivelazioni divine con le quali fu favorito san Giuseppe ho detto qualcosa in tutto il corso di questa Storia; esse furono molto più di quelle che si possono raccontare, ma il di più sta nel fatto che egli conobbe i misteri di Cristo nostro Signore e della sua Madre santissima e visse in loro compagnia tanti anni, venendo considerato padre del medesimo Signore e vero sposo della Regina lo ho compreso alcuni privilegi che l'Altissimo gli concesse per la sua santità a vantaggio di quelli che degnamente lo invocheranno come loro intercessore. Il primo privilegio è finalizzato ad ottenere la virtù della castità e a vincere i pericoli della sensualità. Il secondo a conseguire aiuti potenti per allontanarsi dal peccato e tornare all'amicizia di Dio. Il terzo ad acquistare per suo tramite la devozione a Maria santissima e fruire della sua intercessione. Il quarto ad ottenere una buona morte ed essere in quell'ora difesi dal demonio. Il quinto a far sì che gli stessi demoni temano di udire il nome di san Giuseppe. Il sesto a conseguire la salute del corpo e il rimedio in altre tribolazioni. Il settimo privilegio è finalizzato ad ottenere discendenza nelle famiglie. Dio elargisce questi e molti altri benefici a quelli che lo pregano debitamente per l'intercessione di san Giuseppe, sposo della nostra Regina, ed io chiedo a tutti i fedeli figli della santa Chiesa di essergli molto devoti; così, se si disporranno adeguatamente a meritarle e riceverle, sperimenteranno queste grazie.
 

Insegnamento della Regina del cielo

893. Figlia mia, benché tu abbia scritto che il mio sposo Giuseppe è il più nobile fra i santi e i principi della celeste Gerusalemme, tu non puoi adesso manifestare la sua eminente santità, né i mortali possono comprenderla prima di arrivare alla visione di Dio, quando con meraviglia e a lode del Signore stesso diverranno capaci di questo mistero. E nell'ultimo giorno gli infelici dannati piangeranno amaramente per non aver conosciuto, a causa dei loro peccati, questo mezzo così potente ed efficace per la loro salvezza e per non essersene serviti al fine di guadagnarsi l'amicizia del giusto giudice. I figli di questo mondo hanno ignorato i privilegi e le prerogative che il Signore onnipotente concesse al mio santo sposo e quanto valga la sua intercessione presso sua Maestà e presso di me: ti assicuro, infatti, o carissima, che alla presenza dell'Altissimo egli è uno dei più potenti nel trattenere la giustizia divina contro i peccatori.
894. Voglio che tu sia molto grata al Signore per la sua magnanimità e che tu gli renda lode per la conoscenza e la luce che hai ricevuto di questo mistero. In avvenire, inoltre, procura di crescere nella devozione e nell'amore verso il mio santo sposo e di benedire l'Onnipotente sia per quanto generosamente gli donò, sia per la gioia che io ebbi di conoscerlo. In tutte le tue necessità ricorri alla sua intercessione, invita quanti potrai alla sua devozione e fa' in modo che le tue religiose vi si distinguano, poiché tutto ciò che il mio sposo domanda in cielo l'Altissimo lo concede sulla terra, e alle sue richieste e parole tiene vincolati grandi e straordinari favori per gli uomini, se essi non si rendono indegni di riceverli. Tali privilegi corrispondono alla candida perfezione di questo ammirevole santo e alle sue eccelse virtù; la divina clemenza, infatti, si piegò ad esse e lo guardò con grande liberalità per concedere ammirabili misericordie a lui e a quelli che si varranno del suo aiuto.

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