venerdì 28 febbraio 2014

IL MAGISTERO DELLA CHIESA

Papa Pio IX

  • Inclytus Patriarcha Joseph (10 settembre 1847)
  • Quemadmodum Deus  (8 dicembre 1870)

Papa Leone XIII
  • Quamquam pluries  (15 agosto 1889)
Papa Giovanni Paolo II
  • Redemptoris custos (15 agosto 1989)
Questi sono i principali documenti, ma ce ne sono altri, ben spiegati nell'articolo seguente:
http://movimentogiuseppino.wordpress.com/i-documenti-del-magistero/

LA VITA 24: SOFFRE AL VEDERE LA GRAVIDANZA DI MARIA

VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro II - Capitolo II



S. Giuseppe soffre nel vedere nella sua Sposa Maria i segni della gravidanza


Tormento di Giuseppe - Il nostro Giuseppe stava tanto contento e consolato in compagnia della sua Sposa, anche per i molti favori che riceveva da Dio, e un giorno si mise ad osservare con più attenzione la sua Sposa e riconobbe in lei i chiarissimi segni di una gravidanza, perciò il Santo restò attonito, molto turbato e ferito nel cuore da un acuto dolore. Si andava persuadendo che quei segni potessero provenire da qualche malattia, ma vedendo la sua Sposa con il suo solito vigore e spirito, diceva fra sé: «Se fosse infermità vi sarebbero altri segni, ma si vede che la mia Sposa è in perfetta salute». E diceva fra sé: «O mio Dio, cos'è questo che io scorgo nella mia Sposa? Sogno, oppure son desto? Forse i miei occhi vedono una cosa per un'altra? Mio Dio, cos'è questo, che ora vedo nella mia Sposa? Io non oso chiedere a lei cosa alcuna, perché essendo tanto santa, non devo parlarle di ciò. Ma pure si vede chiaro che lei è incinta. Soccorri Tu, mio Dio, il tuo servo e dammi luce per capire questo fatto, perché ora io non so altro, tranne che quello che con chiarezza appare ai miei occhi». La divina Madre si avvide del travaglio del suo Giuseppe, e pregava molto Dio perché l'avesse assistito con la sua grazia.

Ansia di Giuseppe - Per quella sera il nostro Giuseppe si ritirò tutto sopraffatto, pensando a che cosa mai poteva essere quello che appariva ai suoi occhi. Quella notte il suo riposo fu molto breve, e appena svegliato non vedeva l'ora di rivedere la sua Sposa e vedere se veramente lui era in errore; perciò, tutto ansioso, si mise per tempo ad aspettare che uscisse dal suo ritiro. La divina Madre uscì, e salutò il suo Giuseppe con il solito cordiale saluto. Il Santo la vide, e la considerò sempre più bella e graziosa, ma peraltro con quei segni che egli aveva già scorto il giorno prima. Il suo cuore restò ferito di nuovo dal dolore, vedendo che egli non era in errore, ma che quel tanto che aveva visto lei era verissimo, e diceva: «O Dio, come mi consola la bellezza, la modestia e la grazia della mia amata Sposa! ma come resta ferito il mio cuore nel vedere in lei questi chiari segni di gravidanza! Mio Dio! Soccorri il tuo servo in questo grande travaglio, che sarà sufficiente a darmi la morte, se Tu non mi dai forza e non mi reggi col tuo braccio potente».

Sua prudenza e abbandono in Dio - La divina Madre pregava molto per il suo Giuseppe, e di fatto il Santo sentì qualche sollievo al suo grande dolore, e pensava fra sé di stare un poco a vedere che cosa sarebbe successo col passare del tempo, e di non volersi tanto angustiare per allora, sicurissimo che il suo Dio non avrebbe lasciato di manifestargli qualche cosa e di provvedere a questo fatto e diceva: «Io sono certo che la mia cara ed amata Sposa è santissima e amata sommamente da Dio, e non posso dubitare cosa alcuna di lei. E' meglio che per ora mi calmi e stia un poco a vedere la fine». Così per allora si calmò alquanto, benché non del tutto, perché ogni volta che la guardava scorgeva quei chiarissimi segni, e il suo cuore restava sempre ferito. Il nostro Giuseppe ottenne qualche sollievo al suo grande dolore per le preghiere della divina Madre, e lei stessa gli si mostrava più che mai affabile e caritatevole, compatendo molto il suo Giuseppe nell'angustia in cui si trovava.

Prega e si lamenta - Ogni mattina il santo Sposo si metteva ad aspettarla con gran desiderio che uscisse dal suo ritiro per vedere se si scorgevano ancora in lei quei segni di gravidanza, e vedendo che si manifestavano sempre più chiari, si angustiava molto in modo che incominciò a consumarsi come se fosse gravato e afflitto da una malattia. E di fatto, la passione che provava, era per lui molto più grave di qualsiasi altro male che potesse avere, perché gli feriva il cuore e lo teneva in un'angustia penosa. Furono molte le orazioni e le preghiere che il nostro Giuseppe porgeva al suo Dio; faceva tutti i digiuni e le elemosine per questa causa, perché Dio si fosse degnato di consolarlo e illuminarlo in quel grande travaglio. Rimirava la sua Sposa con grande amore e compassione, e spesso diceva fra sé: «Mia Sposa, tu che sei la causa di tanta mia consolazione, sei anche la causa di tanto mio dolore. Se tu capissi in quali angustie io mi trovo, certo non lasceresti di consolarmi col manifestarmi la causa della tua gravidanza». La divina Madre penetrava quel tanto che il suo afflitto Giuseppe diceva nel suo intimo, e anche lei sentiva molta pena, ma taceva e soffriva con pazienza aspettando che Dio si muovesse a compassione e consolasse il suo servo in una così grave angustia, perciò lo pregava con calde suppliche. Ma Dio volle provare la fedeltà del suo fedelissimo Giuseppe e dargli occasione di meritare.

Sua decisione - Infine l'afflitto Giuseppe si decise di domandare alla sua Sposa la causa di quei segni che apparivano in lei, e più volte fece questo proposito ma non gli riuscì mai, perché quando si decideva di farle la richiesta, si trovava pieno di confusione e di un timore riverenziale, che gli era di maggiore afflizione e diceva: «Che cos'è questo che provo, mio Dio? Vedo chiaramente che la mia Sposa è incinta, e lei si mostra tanto caritatevole ed amorosa verso di me, tratta con tanta affabilità, perciò io potrei domandarle da dove proviene quello che appare chiaramente e sono sicuro che non me lo terrebbe celato. Eppure non posso farle questa domanda per liberarmi del mio dolore. Cosa mai sia questo, io non so capirlo. Tu solo, mio Dio, puoi consolarmi e perciò a Te ricorro, e a Te espongo il mio grande dolore». Ma Dio taceva a queste suppliche, e lasciava che il suo servo restasse nelle sue angustie.

Attenzioni di Maria e maggior pena del Santo - La divina Madre procurava di sollevare il suo Giuseppe con varie cortesie che gli faceva nel servirlo attentamente, lo supplicava di volersi cibare, gli chiedeva in che cosa l'avesse potuto sollevare, e spesso cantava qualche cantico a lode del suo Dio per il sollievo del suo afflitto Sposo, e lui non poteva dirle altro, solo che il suo cuore era in grande afflizione, e le diceva: «Tu, mia sposa, mi dai grande sollievo nelle mie afflizioni, non lo nego, ma il dolore e la pena non si levano dal mio cuore. Prega il nostro Dio perché si muova a pietà di me». L'afflitto Giuseppe avrebbe detto di più e avrebbe chiaramente manifestato la sua pena alla santa Sposa, ma non poteva e diceva fra sé: «È possibile che lei non capisca quale sia la causa del mio grande travaglio? La capirà anche troppo, ma forse nemmeno lei potrà manifestarla». L'afflitto Giuseppe si umiliava molto, e spesso piangeva al cospetto del suo Dio, e diceva che lui meritava quei travagli, perché era ingrato ai molti benefici che il suo Dio gli concedeva; e poiché già si riconosceva l'uomo più fortunato del mondo per avere conseguito una Sposa tanto santa e tanto ornata di virtù, così si stimava, nel suo travaglio, il più afflitto ed angustiato che ci fosse al mondo. Più andava avanti e più cresceva il suo dolore, perché con più chiari segni, vedeva che la sua Sposa era incinta, e che il bambino che portava nel suo grembo non poteva tardare molto a venire alla luce; perciò il Santo smaniava e non trovava quiete al suo dolore. Alle volte sfogava il suo dolore lamentandosi fra sé della sua Sposa, e spesso diceva: «Mia sposa! E come hai tanto cuore di tenermi in così grave angustia? In che cosa mai io ti ho offeso e disgustato, perché tu usi verso di me tanta crudeltà? Tu hai mutato natura con me, e da tanto dolce, caritatevole ed amabile che sei, ora con me sei crudele e senza pietà, perché sapendo la causa del mio dolore, mi tieni tutto celato». La divina Madre sentiva i lamenti del suo angustiato Sposo, e lo compativa e si affliggeva, ma pur taceva né poteva liberarlo dall'angustia perché non poteva svelargli il mistero, non avendo ordine da Dio di manifestarlo, ma non lasciava di pregare molto per il suo Giuseppe.

Viene meno per la tribolazione - Il Santo andava poi a lavorare, ma siccome aveva già incominciato a perdere le forze perché aveva spesso dei deliqui, se ne tornava nella sua piccola stanza e diceva: «Mio Dio, dove andrò a consolarmi, se la mia Sposa, che prima era tutta la mia consolazione, adesso è la causa di tutto il mio dolore, perché al solo vederla in tale stato mi sento trapassare l'anima dal dolore, e intanto mi sento attirare con violenza ad andarla a trovare e trattenermi con lei in sacri colloqui». E di fatto il Santo se ne andava dalla sua Sposa, ma con gli occhi chini a terra per non vederla, ma solo per sentirla parlare. La Santa Sposa gli parlava con tanta dolcezza, con tanto modo e con tanta grazia che l'afflitto Giuseppe si sentiva tutto consolato, e il suo spirito provava un grande sollievo, ma alzando inavvertitamente gli occhi, la vedeva in quello stato, e così veniva di nuovo ferito dal dolore. Il Santo si decise di mostrarsi alla sua Sposa con il volto serio e di starne lontano più che avesse potuto, ma non poté mai fare questo, perché quando udiva le sue parole si sentiva tutto rapito dal suo amore perciò, benché afflitto, le si mostrava molto affabile e sereno. Furono molte le risoluzioni che faceva l'afflitto Giuseppe, ma non poteva poi metterle in esecuzione, perché la passione gli faceva risolvere di fare molte cose, ma la grazia divina, che abitava nella sua anima, gli faceva operare diversamente.
Trovandosi il nostro Giuseppe in un così grande travaglio, e vedendosi come abbandonato da Dio e che l'Angelo non gli si faceva più sentire nel sonno, avendo anche sempre presente la causa del suo dolore, esercitò le più rare virtù che si possa dire: di pazienza, di sofferenza, di rassegnazione, di carità, di modestia, non dicendo mai cosa alcuna alla sua Sposa, benché la vedesse manifestamente incinta; non sospettò mai male, non fece giudizi, non diede in disperazioni, ma tutto rassegnato aspettava che il suo Dio lo consolasse manifestandogli la causa della gravidanza della sua Sposa, perciò in questa occasione il Santo praticò molte virtù ed acquistò grandi meriti e si dispose a ricevere la grazia sublime che dall'Angelo gli fosse manifestato il grande mistero dell'Incarnazione del Verbo Eterno nel seno purissimo della sua Santissima Sposa.

Sua giustizia e prudenza - Vivendo il nostro Giuseppe in così grave afflizione e conoscendo benissimo come la sua santa Sposa fosse vicina al parto, si raccomandò più che mai a Dio perché l'illuminasse per quello che doveva fare e diceva fra sé: «Si vede chiaramente che la mia Sposa non può tardare gran tempo a sgravare dal parto. Cosa mai potrò fare io? Accusarla, come comanda la Legge, io non devo farlo, perché sono certo che la mia Sposa è santissima, né posso pensare alcun male di lei; ma intanto a ritrovarmi in questo fatto senza saperne cosa alcuna, non ho tanto cuore, che io abbia a riconoscere per mia quella prole alla quale non ho parte alcuna. Meglio sarà che io parta e me ne vada ramingo e così finisca i miei giorni in amarezza e dolore, perché sarà impossibile che io possa vivere lontano dalla mia amata Sposa. Ma come avrò cuore di lasciarla, essendo lei tanto santa e ornata di così rare virtù? Eppure mi converrà lasciarla per liberarmi da una così grave angustia.» Il Santo diceva tutto questo, e decise infatti di lasciare la sua Sposa. Il suo cuore era immerso in un mare di dolore e di amarezza senza alcuna consolazione, e l'afflitto Giuseppe piangeva inconsolabilmente, e non trovava conforto al suo grave affanno.

Sua fervente preghiera - Risoluto di lasciare la sua Sposa, la sera si ritirò nella sua piccola stanza e qui in ginocchio pregò il suo Dio, lo supplicò del suo aiuto in quella così grave occorrenza, dicendogli: «O Dio d'Abramo, d'isacco e di Giacobbe, o Dio mio! che fin dalla mia infanzia mi hai custodito e promesso di assistermi e custodirmi in tutte le mie vie, ti supplico, per la tua infinita bontà, per la tua grandezza, per la tua potenza, la tua sapienza, e per l'amore che sempre hai dimostrato a me, tuo vilissimo servo, e per l'amore che hai portato e che porti alla mia sposa Maria, a volerti degnare di mantenere le promesse che una volta mi facesti, di aiutarmi e custodirmi sempre. Non mi abbandonare in questo grande bisogno! Io mi getto tutto nelle tue braccia paterne; fa di me ciò che più piace alla tua divina maestà. Ti raccomando la mia sposa, che Tu mi desti affinché io fossi il suo custode. Finora ho procurato di fare quel tanto che il mio dovere richiedeva, ma ora la lascio alla tua paterna cura, mentre io mi allontano da lei, per quella ragione che tu già sai, essendo tutto noto alla tua maestà. Questo castigo è da me ben meritato, perché non ho saputo approfittare dei suoi santi esempi e consigli perciò ora, allontanandomi da lei, farò penitenza di quelle colpe che purtroppo io avrò commesso; e benché sembri a me di non saperle conoscere saranno ben note alla tua maestà, perciò ti supplico di perdonarmi e di farmi la grazia di soffrire questo grande travaglio. Non ho cuore da licenziarmi dalla mia Sposa, per cui prego la tua bontà di volerla consolare in una così grande angustia e difenderla in ogni occorrenza. Intanto ti prego di benedire i miei passi, perché io mi porterò prima al Tempio di Gerusalemme per adorare la tua maestà e capire la tua volontà, se ti piacerà di manifestarmela. Guarda ti prego, l'angustia del mio spirito e l'afflizione del mio cuore, e abbi pietà di me».

Lamento affettuoso - Quando il nostro afflitto Giuseppe ebbe sfogato per un pò la pena del suo cuore con il suo Dio, si rivolse col pensiero verso la sua Sposa, e amorosamente si lamentava con lei: «Sposa mia! - diceva nel suo cuore, - colomba mia innocentissima! Ecco che da te mi allontano. Che cuore hai di vedermi in così grave angustia, e non impetrarmi dal nostro Dio una stilla di conforto? Perché non mi narri la causa della tua gravidanza? Eppure hai dimostrato sempre tanta carità e tanto amore verso di me, e in questa cosa sembra che ti sia scordata di me. Come farò io lontano da te che sei tutta la mia consolazione? O mia cara e amata Sposa, ecco che io ti lascio, e chissà se avrò la sorte di rivederti. Ti lascio sola, mia amata Sposa; il mio cuore si strugge per la pena che soffre nell'abbandonarti, ma pur così bisogna che faccia in questa circostanza, non sapendo trovare altro modo per liberare te dal castigo minacciato dalla legge, e me dal travaglio».

Si dispone a lasciare Maria - Così tutto in lacrime Giuseppe si alzò dalla preghiera, e prese quel tanto che riteneva necessario per il suo viaggio. Preparò un piccolo fagotto e poi si mise a riposare un poco per aspettare che si avvicinasse lo spuntare del giorno, avendo già determinato di partire per tempo perché la sua Sposa non l'avesse visto, e anche perché non fosse visto da alcuna delle vicine e da altri, per non avere l'occasione di manifestare ad alcuno la sua partenza. Intanto la sua divina Sposa si tratteneva a porgere calde suppliche a Dio perché si degnasse di consolare l'afflittissimo Giuseppe, trovandosi anche lei in grande afflizione.

Florilegio in onore di San Giuseppe


1. - Dal Vangelo. Giuseppe da Nazareth, figlio di Davide, uomo giusto, marito di Maria, padre di Gesù, salvatore della vita del Salvatore.

2. - Dalla liturgia. Certa speranza della nostra vita, sostegno del mondo, illustre per meriti, ministro della nostra salute, padre del Verbo, vincitore dell'inferno, servo fedele e prudente, quasi padre del Re, padrone della sua casa e principe di ogni sua possessione, procuratore della Chiesa di Dio.

3. - Da Origene. Giusto nella legge, nelle parole, nei fatti, nel giudizio della grazia; umilissimo, stimasi indegno di stare con Maria.

4. - Da Eusebio di Cesarea. In lui un esimio pudore, una modestia e una prudenza somma; eccellente nella pietà verso Dio, splendeva di una meravigliosa bellezza anche nel sembiante.

5. - Da S. Ilario di Poitiers. La sua vita è tipica: egli fu come gli Apostoli, alle cui cure fu affidato Cristo, perché lo portassero traverso il mondo; perciò esemplare e figura degli uomini apostolici.

6. - Da S. Efrem il siro. Paradiso di delizie, sollievo della Madre di Dio. Pare di sentirlo: «E donde a me questo, ch'io sia sposo alla Madre del mio Dio? Donde a me che il Figlio di Dio sia diventato mio figlio? Ecco che mi è stata resa la corona di Davide, dal momento che il Signore di Davide è venuto nelle mie mani!»

7. - Da S. Basilio Magno. Qual Angelo o Santo meritò di essere padre del Figlio di Dio ? Solo Giuseppe. Quindi egli è «Fatto tanto più grande degli Angeli, quanto più di loro ha ereditato un nome sovraeccellente!» (Cf Ebr 1, 4).

8. - Da S. Gregorio Nisseno. I sacerdoti d'Israele furono guidati divinamente nello scegliere Giuseppe a sposo di Maria.

9. - Da S. Epifanio. Grande tra gli uomini, fedele nei costumi, pio nello stesso suo sembiante.

 10. - Da S. Giovanni Crisostomo. Era colmo di straordinaria riverenza per il Bambino Gesù, e, quando Maria lo posò nella mangiatoia, Giuseppe s'inchinò a contemplarlo, il suo cuore fu inondato di gioia, ma non osò toccarlo. Insigne in tutto, fornito d'ogni sorta di virtù, sapiente oltre la legge, era sempre intento alla meditazione dei Profeti.

11. - Da S. Girolamo. Più custode che marito per Maria, dovette essere vergine per poter essere chiamato padre del Signore. Intanto fu il Salvatore dell'onore della Madre di Dio.

 12. - Da S. Agostino. Vero marito di Maria, benché vergine; e vero padre di Gesù, benché non L'abbia procreato: se, adottando un figlio di una donna qualsiasi, avrebbe avuto diritto di dirsi suo padre, tanto più allevando come suo il Figlio della sua consorte! Chi dice non doversi chiamare padre Giuseppe per non avere generato Gesù, cerca nel procrear figli più la libidine che l'affetto: Giuseppe ottenne colla carità meglio assai di quel che altri colla carne; e anche quelli che adottano figli, castamente li procreano coll'affetto meglio che colla carne. Come Cristo morente non affidò che a un vergine la sua Madre Vergine, così nemmeno l'avrebbe data in sposa a Giuseppe, se questi non fosse stato più che vergine! Onore della verginità e guardiano della castità, adunque!

13. - Da S. Pier Crisologo. È detto «giusto» per il pieno e perfetto possesso di tutte le virtù.

14. - Da S. Gregorio Magno. L'unico tra gli uomini trovato degno di essere sposo di Maria!

15. - Da S. Isidoro di Siviglia. È la creatura più d'ogni altra amata da Gesù e da Maria.

16. - Da S. Giovanni Damasceno. A lui, solo fra tutti gli uomini, fu dato il nome di padre del Figlio di Dio, e fu dato liberamente, con tutti gli affetti e l'autorità di padre !

17. - Da S. Pier Damiani. È fede della Chiesa che Dio non si contentò di una Madre Vergine, ma vergine volle anche colui, che doveva figurare suo padre; quindi nutrizio vergine!

18. - Da Ruperto di Mästricht. Giuseppe, paradiso di voluttà, in cui c'erano tutte le delizie!

 19. - Da S. Bernardo. Senza dubbio dovette essere uomo ben buono e fedele questo Giuseppe, a cui fu sposata la Madre del Salvatore; fedele servo, cui Dio costituì sollievo di sua Madre, nutrizio della carne di Dio, solo in terra coadiutore fedelissimo del gran consiglio; figlio di Davide, per santità, fede e devozione; il più fedele cooperatore dell'Incarnazione, signore e padrone della Sacra Famiglia, consolatore di Maria nelle sue prove e tribolazioni. Quale felicità per lui nel portare Gesù, carezzarlo, baciarlo!

20. - Da S. Alberto Magno. Modello ai sacerdoti e ai prelati, che governano la Chiesa di Dio!

21. - Dal Gersone. Chi non predicherà la più pura e perfetta pudicizia di Giuseppe, che, vergine, sposò una vergine e la custodì vergine ? Primo tra gli uomini, egli insegnò a praticare nel matrimonio un santo e intero celibato. In lui il fomite del peccato originale fu estinto o almeno smorzato, perché l'avvenente aspetto della Vergine non fosse pregiudizievole alla sua virtù. Ci fu chi lo disse santificato nel seno materno. È la terza persona della trinità terrestre. Quale dignità, o Giuseppe, che Maria ti chiami suo signore e il Dio fatto Uomo suo padre! O gloriosa trinità terrena! nulla di più grande, di più buono, di più eccellente. E anche in Cielo, quando il padre prega il Figlio, la preghiera vien presa come un comando.

22. - Da S. Bernardino da Siena. Per operazione di virtù, doveva essere somigliantissimo alla Vergine; perciò io lo penso mondissimo nella castità, profondissimo nel. l'umiltà, ardentissimo nella carità, altissimo nella contemplazione, per essere un aiuto simile alla Vergine: con tutto l'affetto del cuore Maria l'amava sincerissimamente e dal tesoro del suo cuore davagli quanto egli ne poteva ricevere. A lui poi è debitrice la Chiesa per avere egli ordinatamente e onestamente introdotto nel mondo il Divin Redentore; onde, se la Chiesa onora Maria, per averci dato il Cristo, dopo che a Maria, tanto devesi a Giuseppe. È la chiave del Vecchio Testamento, in cui la dignità dei Patriarchi e dei Profeti consegue il frutto promesso: egli solo corporalmente possedette Colui, che ad essi era stato promesso. Non si può dubitare che Cristo continui in cielo a lui quella famigliarità, riverenza e sublimissima dignità accordatagli in terra: anzi è da credere che in cielo compia e perfezioni tutte queste cose.

23. - Da S. Giovanni d'Avila. Capo della immensa moltitudine dei tribolati!

24. - Da S. Teresa di Gesù. Io non capisco come si possa pensare a Maria tutta occupata nelle sue cure al Bambino Gesù, senza ringraziare S. Giuseppe per tutti gli aiuti, che presto in quel tempo alla Madre e al Figlio! S. Giuseppe è maestro d'orazione e di vita interiore: chi non ha chi gl'insegni a pregare, prenda per maestro questo glorioso Santo, e non fallirà la strada. Egli è il mio avvocato e protettore, padre e signore!

25. - Da S. Pietro Canisio. Caro a Dio e agli uomini (Eccles., XLI, I). Poiché rifulse per eminente virtù, è giusto che a tutti venga proposto in esempio da imitare per vivere bene e santamente.

26. - Dal P. Suarez. Tre privilegi egli ebbe: di essere santificato nell'utero materno, di essere insieme confermato in grazia, di essere perciò esente dagli stimoli della concupiscenza. L'opinione che superi tutti i Santi in grazia e in gloria, io non credo che sia avventata e improbabile, bensì pia e verosimile. Il suo ministero, nella sua qualità, fu più perfetto di quello dell'apostolato, perché appartiene all'unione ipostatica.

27. - Da S. Francesco di Sales. Non è solo patriarca, ma corifeo dei patriarchi; non è solo confessore, ma più che confessore, perché nella sua confessione sono racchiuse la dignità dei vescovi e la generosità dei martiri e di tutti gli altri Santi. Quale unione tra S. Giuseppe e Maria! Per questa unione Nostro Signore, come apparteneva a sua Madre, apparteneva anche a S. Giuseppe, non secondo la natura, ma secondo la grazia; perché questa unione lo faceva partecipe di tutto ciò che apparteneva alla sua Sposa: Maria, quasi specchio, riceveva nella sua anima i raggi del Sole eterno di giustizia, e l'anima di Giuseppe, quasi altro specchio, anch'essa di faccia a Maria ne raccoglieva perfettamente i raggi riflessi. Più perfetto degli Angeli nella verginità, eminentissimo in sapienza, compitissimo in ogni sorta di perfezione, anch'egli morì di amore, non altrimenti della Vergine sua Sposa, e, com'Essa, fu sollevato in anima e corpo al cielo.

28. - Da Cornelio a Lapide. È più un angelo che un uomo in tutta la sua condotta!

 29. - Dal Ven. Olier. Fu dato alla terra per esprimere visibilmente le adorabili perfezioni di Dio Padre. Nella sola sua persona egli portava la bellezza, la purità, l'amore, la sapienza e la prudenza, la misericordia e la compassione di Lui. Un Santo solo è destinato a rappresentare Dio Padre, mentre che un'infinità di creature, una moltitudine di Santi sono necessari per rappresentare Gesù Cristo; poiché tutta la Chiesa non opera se non per manifestare le virtù e le perfezioni del suo adorabile Capo: il solo S. Giuseppe rappresenta il Padre Eterno! Tutti gli Angeli insieme sono creati per rappresentare Dio e le sue perfezioni: un uomo solo rappresenta tutte le grandezze di Lui! Egli è perciò l'essere più grande, più celebre, più incomprensibile e, in proporzione, come Dio Padre, nascosto e invisibile nella sua persona, incomprensibile nel suo essere e nelle sue perfezioni: sotto questo riguardo, è incomparabile e costituisce un ordine a parte.

30. - Da Paolo Aresi di Tortona. Da tutte le Persone della Santissima Trinità ebbe privilegi singolarissimi: dalla prima, di essere padre del Verbo Incarnato; dalla seconda, di essere giusto e figlio di Davide; dalla terza, di essere sposo di Maria. Quand'anche non fosse stato santo, lo sarebbe diventato sposando Maria, secondo la parola dell'Apostolo (1 Cor 7,14). Dovette essere poi somigliantissimo a Cristo e nella bellezza del volto e nella gentilezza del tratto; e l'arguisco da questo che, avendo Cristo voluto passare per suo figlio, la gente doveva riscontrare in Lui le fattezze di Giuseppe per crederlo suo vero padre, benché non lo fosse.

31. - Dal P. Paolo Segneri. Fu niente per sé, ma tutto per Cristo. Fu sposo della Vergine, solo quanto ciò doveva valere a salvare l'onore di Gesù; del resto, la lascio intatta, come fa l'olmo, che si sposa alla vite, ma non ha parte alcuna nel suo frutto, che pure aiuta a portare. Fu padre a Cristo, ma solo di affetto e assistenza per la sollecitudine, che gli doveva prestare: del resto, non doveva vederne la gloria, e anche delle sue azioni solo doveva sapersi quanto era necessario a lumeggiare Gesù, e anche dopo morte per dei secoli rimase incognito e inglorioso.

32. - Da Bossuet. Fatto custode dei tre più preziosi depositi : la verginità di Maria, la Persona di Gesù, il Mistero dell'Incarnazione Divina li custodì fedelmente. Nessun dubbio perciò che sia stato fornito delle tre virtù necessarie a custodire tali depositi: purità, fedeltà, umiltà. Se fu la verginità di Maria, che trasse dal cielo in terra il Verbo, Giuseppe è a parte di questo miracolo, perché la purità di Maria è deposito di Giuseppe, anzi bene suo, pel matrimonio e le cure, con cui la custodì; tanta parte quindi ha ben anche nel frutto di Lei. Cristo aveva un Padre in cielo, che L'avrebbe poi abbandonato sulla Croce, e anche da quando venne in terra sembrò abbandonarlo, viceversa L'affidò a Giuseppe, qual padre terreno; e Giuseppe raccolse il mandato e non visse più che per Gesù, tutto viscere di padre; ciò che non è per natura, lo è per affetto, poiché Dio gli ha mutato il cuore, come a Saul (1 Re 10, 9), onde non è meraviglia che comandi e tutto si sacrifichi per Lui. La sua missione è diversa da quella degli Apostoli: Gesù è loro rivelato, perché lo predichino; a Giuseppe invece per celarlo. Quelli sono fiaccole, che Lo mostrano al mondo; questi un velo, che Lo copre: velo misterioso, che copri la verginità di Maria e gli splendori del Figlio di Dio. Giuseppe vide Gesù e tacque; Lo godette e non parlò; adempì la sua vocazione di ministro e compagno della vita nascosta.

33. - Da S. Leonardo da Porto Maurizio. Come Maria è Regina degli Angeli e dei Santi, così per legge S. Giuseppe suo sposo è re degli Angeli e dei Santi: onde, se onorate Maria con questo titolo, così anche si deve dire a S. Giuseppe: « Re degli Angeli, re dei Santi, prega per noi!» Dio volle che S. Giuseppe fosse protettore speciale d'ogni classe di persone e intercessore universale, perché tutti possano sentirsi protetti da lui.

34. - Da S. Alfonso M. de' Liguori. Non si deve dubitare che Giuseppe, vivendo con Cristo, crebbe tanto in meriti e santità da sorpassare tutti i Santi. Egli è speciale protettore dei moribondi, perché la sua intercessione presso Gesù è più potente di quella d'ogni altro Santo, e perché ha maggior potere contro i demoni, e perché fu assistito in morte da Gesù e Maria. Da Giuseppe ottiene più grazie chi più lo prega: la più grande grazia, che fa ai suoi divoti, è un tenero e ardentissimo amore a Gesù.

35. - Da Pio IX. È il Patrono della Chiesa Cattolica. Per la grande dignità e posizione concessagli da Dio, la Chiesa lo tiene nel più alto onore e massima considerazione, dopo Maria, e con preferenza a lui rivolge le sue preghiere nelle sue necessità.

36. - Da Leone XIII. S'avvicina in grandezza, grazia, santità e gloria a Maria quanto nessun altro mai, e non meno grandeggia quale custode e padre putativo di Gesù. Modello ai padri di famiglia, ai coniugi, ai vergini, ai nobili, ai ricchi, ai proletari, operai o poveri: è cosa conveniente e sommamente degna di lui, che, come già la Sacra Famiglia, Egli copra e difenda col suo patrocinio la Chiesa di Cristo.

37. - Da Pio X. Qual era la professione di S. Giuseppe? S. Giuseppe, benché fosse di stirpe reale di David, era povero, e ridotto a guadagnarsi il vitto colla fatica delle sue mani.

38. - Da Benedetto XV. Col fiorire così della devozione dei fedeli verso S. Giuseppe, aumenterà insieme, per necessaria conseguenza, il loro culto verso la Sacra Famiglia di Nazareth, di cui egli fu l'augusto Capo, sgorgando queste due devozioni l'una dall'altra spontaneamente. poiché per S. Giuseppe noi andiamo direttamente a Maria, e per Maria al fonte di ogni santità, Gesù Cristo, il quale consacrò le virtù domestiche colla sua obbedienza verso S. Giuseppe e Maria. A questi meravigliosi esemplari di virtù Noi quindi desideriamo che le cristiane famiglie si ispirino e completamente si rinnovellino.

 39. - Da Pio XI. Ecco un santo che entra nella vita e si spende interamente nell'adempimento d'una missione unica da parte di Dio, la missione di custodire la purezza di Maria, di proteggere nostro Signore e di nascondere, con la sua ammirabile cooperazione, il segreto della redenzione. Nella grandezza di questa missione ha le sue radici la santità singolare e incomparabile di san Giuseppe, poiché una tale missione non fu affidata a nessun altro santo... è evidente che, in virtù d'una missione così alta, Giuseppe possedeva già il titolo di gloria che è suo, quello di patrono della Chiesa universale. Tutta la Chiesa, infatti, è già presente presso di lui allo stato di germe fecondo.

 40. Da Pio XII. È facile dunque, è dolce rappresentarci questa santa Famiglia di Nazareth all'ora della consueta preghiera. Nell'alba dorata o nel violaceo crepuscolo della Palestina, sulla piccola terrazza della loro bianca casetta, rivolti verso Gerusalemme, Gesù, Maria e Giuseppe sono in ginocchio; Giuseppe, come capo della famiglia, recita la preghiera ma è Gesù che la ispira, e Maria unisce la sua dolce voce a quella grave del santo Patriarca. Futuri capi di famiglia! Meditate e imitate questi esempio, che troppi uomini oggi dimenticano.

41. Da Giovanni XXIII. O S. Giuseppe, scelto da Dio per essere su questa terra custode di Gesù e sposo purissimo di Maria, tu hai trascorso la vita nell'adempimento perfetto del dovere, sostentando col lavoro delle tue mani la Santa Famiglia di Nazareth, proteggi propizio noi che, fiduciosi, ci rivolgiamo a te. Tu conosci le nostre aspirazioni, le nostre angustie le nostre speranze:
a te ricorriamo, perché sappiamo di trovare in te chi ci protegge. Anche tu hai sperimentato la prova, la fatica, la stanchezza; ma il tuo animo, ricolmo della più profonda pace, esulto di gioia per l'intimità con il figlio di Dio a te affidato, e con Maria, sua dolcissima Madre. Aiutaci a comprendere che non siamo soli nel nostro lavoro, a saper scoprire Gesù accanto a noi, ad accoglierlo con la grazia e custodirlo con la fedeltà come tu hai fatto. Ottieni che nella nostra famiglia tutto sia santificato nella carità, nella pazienza, nella giustizia e nella ricerca del bene. Amen.

 42. Da Paolo VI. O S. Giuseppe, Patrono della Chiesa Tu che accanto al Verbo incarnato lavorasti ogni giorno per guadagnare il pane, traendo da Lui la forza di vivere e faticare; Tu che hai provato l'ansia del domani, l'amarezza della povertà, la precarietà del lavoro; Tu che irradi oggi l'esempio della tua figura, umile davanti agli uomini, ma grandissima davanti a Dio; guarda alla immensa famiglia che Ti è affidata. Benedici la Chiesa, sospingendola sempre più sulle vie della fedeltà evangelica; proteggi i lavoratori nella loro dura esistenza quotidiana, difendendoli dallo scoraggiamento, dalla rivolta negatrice, come dalle tentazioni dell'edonismo; prega per i poveri, che continuano in terra la povertà di Cristo, suscitando per essi le continue provvidenze dei loro fratelli più dotati; e custodisci la pace nel mondo, quella pace che sola può garantire lo sviluppo dei popoli e il pieno compimento delle umane speranze: per il bene dell'umanità, per la missione della Chiesa,
per la gloria della Trinità Santissima. Amen.

 43. Da Giovanni Paolo II Ancora oggi abbiamo numerosi motivi per pregare nello stesso modo: «Allontana da noi, o padre amatissimo, questa peste di errori e di vizi..., assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre...; e come un tempo scampasti dalla morte la minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità» . Ancora oggi abbiamo perduranti motivi per raccomandare a san Giuseppe ogni uomo.

( Fonte : http://www.floscarmeli.org/ )

LA VITA 23: PROVE E CONSOLAZIONI

VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro II - Capitolo I
S. Giuseppe arriva a Nazareth con la Santissima Vergine


Nella stanza dell'Incarnazione - I Santi Sposi arrivarono a Nazareth, loro patria, e fu grande la consolazione che entrambi sentirono nell'entrare nella loro piccola casetta; la Santissima Vergine per la devozione che aveva per quella stanza, dove si era operato il grande Mistero dell'Incarnazione del Verbo Divino, ed il nostro Giuseppe, perché in quel luogo aveva sperimentato grazie particolari e favori sublimi dalla generosità del suo Dio; e benché egli non sapesse cosa alcuna di quanto qui si era operato, tuttavia ne aveva un grande affetto e una particolare devozione, per cui appena arrivati, pregò la sua santa Sposa di volerlo compiacere di condurlo con lei nella sua stanza, per lì lodare e ringraziare Dio della grazia fatta loro di arrivare felicemente nella loro patria. La santa Sposa lo compiacque e qui insieme genuflessi a terra adorarono e ringraziarono Dio.

Estasi di Giuseppe e Maria - Dio consolò il nostro Giuseppe con una sublime estasi nella quale gustò la soavità dello spirito del suo Dio e capì grandi cose circa la santità della sua Sposa, perché Dio in quell'estasi gli rivelò quanto gli fosse cara e gradita. La divina Madre fu anche favorita di molte grazie. Passato un po' di tempo in tali consolazioni, il fortunato Giuseppe tornò dall'estasi e vide la sua sposa Maria tutta circondata di luce, per cui si trattenne qualche tempo nel rimirarla e contemplare in lei le grazie del Signore.
La divina Madre era ancora sollevata in altissima contemplazione, e Giuseppe godeva nel vederla tanto favorita dal suo Dio, che ringraziava affettuosamente per averlo tanto aggraziato nel dargli una sposa così degna. Piangeva per la dolcezza, e diceva a se stesso: «O mia cara ed amata sposa, e dove mai ho meritato di stare con te e di godere la tua compagnia tanto desiderabile? Che grazia da me mai meritata, ma dispensatami solo dalla bontà immensa del nostro Dio, generosissimo verso di me, suo vile servo!». Mentre Giuseppe diceva così, la divina Madre tornò ai propri sensi e incominciò a trattare col suo Giuseppe della bontà e della generosità del loro Creatore, e ne compose un sublime cantico.

Amore e discorsi di Giuseppe - L'animo di Giuseppe inondava in un mare di gioia e si liquefaceva tutto in amore verso il suo buon Dio, e crescevano sempre di più in lui la venerazione e l'amore verso la sua santa Sposa. Dopo poi le narrò quel tanto che gli era successo in quella stanza quando lei non c'era, e che lui andava lì a pregare, e le molte grazie che in quel luogo Dio gli aveva partecipato, e la molta consolazione che vi aveva sperimentato nei suoi travagli. La divina Madre sapeva già tutto; tuttavia si mostrava indifferente e gradiva quanto il suo Giuseppe le narrava, ed essendo lei umilissima, gli diceva che riconoscesse tutto dalla sola generosità del suo Dio, e che Dio in alcuni luoghi comparte più abbondanti le sue grazie, e che potevano pensare che si fosse scelto quella stanza per fare qui mostra della sua generosità, perché anche a lei in quel luogo compartiva delle grazie. Il nostro Giuseppe rimaneva persuaso di tutto, e pregò la sua Sposa di volersi accontentare di farlo andare lì qualche volta a pregare, specialmente quando egli fosse stato in travaglio, affinché avesse potuto ricevere le solite grazie dalla divina generosità, e le disse: «Benché tu, mia sposa, sia sufficiente a consolarmi nelle mie afflizioni, tuttavia desidero anche questa consolazione, di venire in questa stanza a pregare, quando però non sia di fastidio a te, cioè quando tu sei occupata nell'acconciare la casa e nel preparare il cibo a noi necessario, che così non ti sarà di disturbo». L'umilissima Sposa chinò la testa, e si mostrò prontissima a quanto egli desiderava, perciò il nostro Giuseppe rimase consolato, ed osservava la sua Sposa quando era occupata in qualche cosa; e allora se ne andava per breve tempo nella suddetta stanza, dove Dio gli compartiva molti favori, facendosi gustare molto abbondantemente alla sua anima.

Alla porta della stanza in preghiera - Molte volte poi, il Santo si sentiva attirare interiormente quando c'era la divina Madre in preghiera, ed egli si metteva al di fuori per non disturbare la sua Sposa, e qui genuflesso adorava il suo Dio e lo supplicava, che poiché non poteva entrare per non disturbare le preghiere della sua Sposa, si fosse degnato di compartirgli, in quel luogo, qualche lume e qualche buon sentimento, e gli domandava questo per l'amore che egli portava alla Santissima fanciulla Maria che gli aveva dato per compagna.
Dio non tardava a consolarlo comunicandosi abbondantemente alla sua anima. Il nostro Giuseppe si umiliava molto, e di tutto si riconosceva indegnissimo, e perciò domandava spesso le grazie al suo Dio per i meriti della sua Santa Sposa, perché già sapeva quanto fosse cara ed accetta a Dio e quanto da Dio fosse amata e favorita.

Attrazione e riflesso del Verbo - Nel Santo crescevano sempre di più la stima e la venerazione verso la sua Sposa Maria, in modo tale che, quando lei stava in preghiera o in qualche posizione che da lei non fosse visto, le faceva degli inchini, e faceva questo per un impulso interiore. Egli credeva che questo procedesse per la santità che scorgeva in lei, benché per altro era un motivo assai più sublime, che il santo Sposo non intendeva, ed era che il Verbo divino, che abitava in lei, attirava a sé lo spirito di Giuseppe a venerarlo e adorarlo nel seno verginale. Scorgeva poi nella sua Sposa sempre maggiore grazia e bellezza e la conosceva ornata di virtù più sublimi, in modo tale che restava preso dalla meraviglia, e non poteva penetrare da dove questo provenisse. Si andava persuadendo che, essendo lei tanto santa, Dio le comunicasse sempre nuovi favori e grazie, come infatti era; ma il Verbo divino che abitava in lei, era quello che faceva traspirare, anche nel suo aspetto esteriore, la sua divina sua luce, per il conforto del suo amato Giuseppe.

Assorti nel Verbo divino - I Santi Sposi vivevano poi nel modo che già si è narrato nel primo libro di questa storia, in parte pregando, in parte recitando le lodi divine, in parte lavorando per acquistarsi il vitto con le loro fatiche, e in parte spendevano il tempo in sacri colloqui. Parlavano spesso di quanto avevano detto i Profeti circa la venuta del Messia e di quello che era scritto nelle Sacre Scritture; e molte cose che il nostro Giuseppe non intendeva, se le faceva spiegare dalla sua Sposa Maria, perché già scorgeva come lei fosse molto istruita in tutto e sapientissima. La divina Madre lo compiaceva in tutto, mostrandosi obbedientissima e narrando fra di loro quanto era stato profetizzato del Messia. Piangevano per la dolcezza nel sentire le qualità mirabili che il Messia avrebbe avuto; la divina Madre però piangeva, perché aveva una chiara cognizione di quanto il suo Figlio divino avrebbe sofferto per riscattare il genere umano, e teneva nascosti nel suo cuore i dolori che le trafiggevano l'anima. Non li narrava al suo Giuseppe per non affliggerlo ulteriormente, e lei sola soffriva l'aspro cordoglio senza manifestarlo e cercare compatimento al suo dolore. Il nostro Giuseppe osservò che quando parlava con la sua Sposa circa la venuta del Messia, lei spesso piangeva, e lui credeva che questo provenisse dal desiderio che lei ne aveva e per vederne la dilazione, benché la divina Madre spasimava per il dolore al riflesso di quanto il suo Figliolo doveva patire. Osservò anche come la sua Sposa non l'esortava più a supplicare il divin Padre di volersi degnare di mandare presto il Messia promesso, ma il Santo non ardiva domandarle cosa alcuna, e si andava immaginando che lei fosse già stata assicurata da Dio della detta venuta, che fossero state esaudite le sue suppliche e che il Messia stesse per venire presto al mondo. Il nostro Giuseppe osservava poi, come parlando fra di loro delle virtù mirabili che il Messia avrebbe avuto, splendeva una mirabile chiarezza nel volto della divina Sposa, e il nostro Giuseppe non sapeva capire da dove questo provenisse. Spesso aveva il desiderio di saperne la causa, ma il Santo si umiliava, riconoscendosi indegno di saperlo, e di questo ancora se la passava in silenzio con la sua Sposa. Pensava però che Dio si compiacesse molto di quei discorsi e che in segno del compiacimento gli desse quei chiari segni con comunicarsi alla sua Sposa e partecipare anche nel suo aspetto esteriore quella chiarezza. Il Santo godeva di tutto e si reputava sempre più indegno di tanta grazia. Il nostro Giuseppe osservava, poi, come la sua Santa Sposa stava quasi sempre assorta e passava i giorni interi senza neppure cibarsi, perciò il Santo credeva che facesse questo per muovere Dio a mandare presto il Messia promesso, e anche lui procurava di astenersi dal cibo, prendendo molto scarsamente il necessario. Però era esortato dalla sua Sposa a cibarsi per non perdere le forze corporali, ma il Santo si metteva a rimirare la sua Sposa e nello stesso tempo si trovava sazio, e con umili maniere diceva alla sua Sposa che si accontentasse di lasciarlo stare digiuno, perché quello che saziava lei nella sua astinenza, saziava anche lui. Da qui poi la divina Madre prendeva nuovi motivi per lodare il suo Dio e i Santi Sposi si univano a cantare le lodi divine e narrare fra di loro la beneficenza divina.

Beatitudine di Giuseppe - Il nostro Giuseppe si trovava poi con un rinnovamento di spirito molto grande ed eccellente, con una piena contentezza di cuore non più sperimentata nel passato. Gli sembrava di avere in casa sua un grande tesoro, e non sapeva più invidiare la felicità dei cieli, che sono l'abitazione degli Spiriti Beati e dello stesso Dio. Non si curava più di mettersi a guardare il cielo e gli bastava solo di dare un'occhiata alla sua Sposa, perché il suo cuore restava pienamente consolato, e non aveva più che desiderare. Il Santo non sapeva da dove provenisse, e questo lo pose in qualche timore, dicendo a se stesso: «Forse, mio Dio, non ti amo con quell'ardore con cui prima ti amavo, per cui non mi curo più di guardare il cielo dove Tu abiti, per saziare qui le brame del mio cuore?». Ed esaminandosi attentamente, capiva come il suo Dio fosse l'unico oggetto del suo amore, e, rivolto a Lui, esclamava: «Mio Dio! Tu sei l'unico mio amore, il mio bene, il mio tesoro, il mio tutto. Il mio cuore non brama altro che Te, ed intanto io amo la mia Sposa, in quanto la riconosco colma della tua grazia e del tuo amore, ed intendo amare Te in lei mentre ben conosco che tu in lei fai la tua gioconda abitazione; e poi Tu stesso l'hai data a me per fedele compagna e mi comandi che io l'ami, e ben merita di essere amata, essendo tanto santa e tanto colma di virtù e di grazia». E così il santo Sposo si quietava e si godeva le grazie che il suo Dio gli dispensava.

Pene e travagli - Stando il nostro Giuseppe fra tante consolazioni del suo spirito, non gli mancavano dei travagli da parte delle creature, e mentre egli si tratteneva nella sua piccola bottega a lavorare, andavano lì alcuni oziosi per discorrere e passare il tempo, ma siccome il Santo stava per lo più estatico, contemplando le grandezze del suo Dio, non dava ad essi risposta alcuna, per cui veniva da loro deriso e motteggiato. Lo chiamavano stolto, insensato, uomo da niente. Il nostro Giuseppe si umiliava, e soffriva il tutto con pazienza e generosità. Alle volte gli chiedevano che ne era della sua Sposa e come lei sopportasse di trattare con lui, tanto stolto, e incominciavano a dire delle parole impertinenti, perché questi erano molto istigati dal demonio, che cercava tutti i mezzi per far cadere il Santo in atti di impazienza e di sdegno. Ma il Santo si serviva di tutto per arricchirsi maggiormente di meriti e praticare le virtù, e perciò con belle maniere li licenziava e li riprendeva, secondo quello che lui conosceva che era offesa di Dio.

Sua mansuetudine - Quando quelle persone se ne erano andate, il Santo si ritirava ad orare e pregare per loro, affinché il Signore si fosse degnato di illuminarli ed insieme perdonare i loro errori, ed in queste occorrenze praticava gli atti di umiltà, di carità e di pazienza. Il nemico infernale fremeva sempre di più e ruggiva contro il nostro Giuseppe e molto più contro la sua Santa Sposa, e non sapeva come fare per inquietarli e mettere discordia fra di loro. Però era tenuto molto abbattuto e lontano da loro dalla divina potenza e anche dalla forza delle loro sublimi virtù, e specialmente dalla loro profondissima umiltà, purezza ed astinenza, e dall'ardente amore di Dio che regnava nei loro cuori. Il nostro Giuseppe manifestava poi il tutto alla sua santa Sposa ed era animato da lei a soffrire con pazienza, perché così dava molto gusto al suo Dio, e si univano insieme a pregare per coloro che li perseguitavano.

Una prova - I Santi Sposi passarono qualche tempo in questo modo di vivere, nuotando l'anima del nostro Giuseppe in un mare di gioia e di consolazioni divine. Perciò Dio volle provare di nuovo il suo servo con un travaglio assai grande, mai sofferto nel tempo della sua vita passata, come si dirà nel seguente capitolo, avendolo Dio, però, prima fortificato con la sua grazia e con i molti favori che gli compartì.




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LA VITA 22: RITORNA A PRENDERE MARIA

VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XXII
Dopo tre mesi S. Giuseppe va a riprendere
la sua Santissima Sposa Maria


Parte da Nazareth - Essendo vicino il termine di tre mesi destinati alla dimora di Maria Santissima in casa della parente Elisabetta, la notte l'Angelo parlò al nostro Giuseppe e gli ordinò di andare a prendere la sua Sposa e di condurla a Nazareth, perché così ordinava Dio. Il Santo stava già in pensiero di andare, ma aspettava appunto l'ordine dall'Angelo, così come l'aveva avuto di condurvela. Il nostro Giuseppe si rallegrò molto a quest'avviso e il suo cuore giubilò per vedersi giunto il tempo della bramata consolazione di ricondurre a casa la sua amata purissima Sposa, perciò non si trattenne affatto, ma subito, alzato il giorno, quando ebbe fatto le sue solite orazioni, si mise in cammino con grande allegrezza, pensando già che la sua Sposa gli avrebbe impetrato la grazia dal suo Dio di arrivare felicemente. Non sbagliò in questo, perché di fatto la divina Madre, che vedeva tutto in spirito, non lasciò di pregare per il suo fedelissimo Sposo Giuseppe affinché in quel viaggio fosse assistito e protetto dalla grazia divina. Non furono vane le sue suppliche, perché il nostro Giuseppe ebbe un'assistenza particolare in quel viaggio e fu anche favorito di molte grazie. Il Santo Sposo affrettava i passi ma era più portato dall'amore e dal desiderio che aveva di rivedere presto la sua amata Sposa. Teneva fisso il pensiero in Dio, che era l'oggetto primario del suo amore; spesso lo rivolgeva nella sua Sposa, che amava in Dio, e la considerava come una creatura molto amata da Dio e favorita di grazie singolari.

Contempla il creato - Guardava spesso il cielo dove abitava il suo tesoro, e molte volte si fermava a contemplare le opere della divina potenza e sapienza, che con un solo fiat aveva creato i cieli e tutte le altre creature, e fisso con gli occhi in cielo restava estatico alla detta contemplazione. Altre volte si fermava a rimirare le piante, gli alberi, le pianure, i prati, e contemplando qui la sapienza del suo Dio nel creare tutte le cose con così bella ordinanza, ne restava stupito per la meraviglia ed esclamava: «O Dio mio, onnipotente, sapientissimo, incomprensibile, immenso, inenarrabile; quanto sei degno di essere amato! Oh! come le creature tutte non ardono del tuo amore? Come non amano tanta bontà? Ed è possibile, che si trovi un cuore così infelice che non ami la tua bontà, mentre tu tanto ci ami, e tante cose hai creato per il nostro servizio e per la nostra consolazione? E la creatura ragionevole, che hai creato perché ami Te, è possibile che questa ti neghi il suo amore? Mio Dio, ed è pur vero che si trovano tanti che non ti amano?». E qui si metteva a piangere per il dolore che sentiva, perché il suo Dio non fosse amato. Fino dalla sua più tenera età, il nostro Giuseppe era molto attirato dall'affetto verso il suo Dio, a rimirare il cielo nel quale ritrovava molta consolazione, e quando viaggiava nella campagna scoperta saziava la sua brama e stava per molto tempo con gli occhi fissi al cielo vagheggiando al di fuori, quella patria di cui egli doveva, a suo tempo, essere uno dei primi cittadini di quella nobile città, benché il maggior pensiero del nostro Giuseppe fosse il contemplare il suo Dio in quel beato Regno. Sospirava anche di andare ad abitarvi e perciò domandava che si affrettasse la venuta del Messia. Con infuocati sospiri ripeteva le suppliche dei Patriarchi e dei Profeti, e si scioglieva tutto in amore quando diceva questo, e il nostro Dio lo riempiva di consolazione e gli illuminava l'intelletto per il quale intendeva molti misteri e aveva una grande sicurezza della venuta del Messia in breve, e diceva: «Non è possibile che Tu, mio Dio, non esaudisca le premurose suppliche che ti porge di continuo la mia sposa Maria, perché so che ti è molto cara e gradita e che Tu l'ami molto. Sì, che lo spero che presto l'esaudirai!». Questi ed altri simili erano gli affetti e i colloqui che il nostro Giuseppe andava facendo con il suo Dio in questo viaggio, del quale si trovò presto al termine senza neppure avvedersene, tanto era l'amore verso il suo Dio e il gusto che sentiva nel trattenersi a contemplare le sue opere e a narrargli i desideri del suo cuore. Un giorno, dopo aver fatto un lungo cammino, si mise a rimirare il cielo e la terra per quanto si stendeva la vista, e poi, rivolto al suo Dio, esclamò: «Tu, mio Dio, sei il padrone assoluto di quanto io ora rimiro. Tuoi sono i cieli, tua la terra, il mare, i fiumi; e tutti sono soggetti al tuo impero; eppure Tu, essendo un Signore così grande, non disdegnerai di venire ad abitare fra gli uomini! Eppure ci sarà chi avrà la sorte di trattare con Te familiarmente! Oh, gran Signore! Oh, gran Signore!» - esclamò; e fu rapito in estasi dove gli fu rivelato come il Messia, non solo avrebbe abitato sulla terra fra gli uomini, ma che si sarebbe molto umiliato e che avrebbe conversato con persone vili, semplici e povere. Il nostro Giuseppe si riempì di consolazione, e diceva: «Dunque, se verrà ai tempi nostri, non disdegnerà di trattare con noi, benché poveri e vili. Felici noi! Beati noi, se saremo fatti degni di tale sorte!». E da allora in poi, non solo desiderò con più ardore la venuta del Messia, ma stette con una contentezza di cuore, sperando che non avrebbe sdegnato di trattare con lui.

In casa di Zaccaria - Terminato il suo viaggio, il nostro fortunato Giuseppe, si portò addirittura in casa di Zaccaria, dove era atteso dalla sua Santa Sposa e da tutte le persone di quella casa, secondo l'accordo che doveva ritornare in capo di tre mesi a prendere la sua sposa Maria Santissima. Fu accolto e ricevuto con dimostrazioni di singolare affetto, specie dalla sua Santissima Sposa, la quale diede subito il bentornato al suo Giuseppe, e quando questi la vide, il suo cuore incominciò ad esultare e giubilare, l'ammirò sempre più bella e graziosa e sempre più ricca ed ornata di grazie divine. Il Santo Sposo, preso dall'amore e dalla venerazione, la salutò con un profondo inchino e le disse: «Mia Sposa, quanto ho bramato di rivederti e con quanto desiderio ho fatto questo viaggio! Ora solo nel guardarti, i miei desideri restano consolati, ed avendoti Dio datami per fedele compagna, non posso vivere lontano da te se non con grande pena». La sua Santa Sposa l'invitò a lodare il suo Dio per la grazia che gli aveva fatto, cosa che il Santo Sposo gradì molto, ed insieme lodarono e ringraziarono Dio della consolazione che dava loro, e di averlo tanto assistito e favorito nel viaggio. Trovò nato il Precursore Giovanni Battista, e quando il nostro Giuseppe lo vide, conobbe nel fanciullo come era stato prevenuto con le dolcezze delle benedizioni divine e vi conobbe la grazia di Dio che già ricolmava la sua anima. Fu anche conosciuto dal Precursore che, alla vista di Giuseppe, chinò la testa in atto di salutarlo, mostrando anche esteriormente la consolazione che sentiva nel vederlo. Il nostro Giuseppe si rallegrò con i suoi genitori, che Dio li avesse favoriti di tale prole, e disse loro che scorgeva nel fanciullo cose grandi e che credeva che sarebbe stato un grande Profeta e molto grande al cospetto del suo Dio e anche degli uomini. Furono molte le congratulazioni che il nostro Giuseppe fece ai genitori di Giovanni, e insieme lodarono e ringraziarono Dio.

Saluti prima della partenza - Poi, i Santi Sposi Maria e Giuseppe si disposero alla partenza. La parente Elisabetta e Zaccaria desideravano che avessero dimorato lì in casa loro, sentendo un sommo dispiacere di dover restare privi di una così cara compagnia, ma i Santi Sposi si mostrarono reticenti in questo, volendo adempire la volontà divina, perché sapevano già che dovevano fare la loro dimora a Nazareth, perciò si scusarono con gentili maniere. Volevano fare anche grandi doni ai Santi Sposi, in segno di gratitudine, ma questi non furono accettati da loro, perché volevano vivere in povertà e accettarono soltanto quanto era loro necessario e niente di più. Arrivato il giorno destinato alla partenza, furono molte le lacrime che si sparsero da tutta quella famiglia, perché ognuno che abitava in quella casa aveva ricevuto consolazione e sollievo dalla divina Madre. Più di tutti, però, che ne sentiva il dispiacere era S. Elisabetta, che ben sapeva chi fosse la sua parente e il tesoro nascosto che portava nel suo purissimo grembo, e perciò rivolta a San Giuseppe, lo chiamò più volte beato per la sorte che gli era toccata di avere per compagna e sposa la Santissima Fanciulla Maria, e invidiava santamente la sua fortuna. Il nostro Giuseppe la pregò di voler rendere affettuose grazie a Dio in suo nome per il beneficio che gli aveva fatto.

In viaggio - Passati tutti i soliti atti che si fanno nelle partenze, i nostri Santi partirono con grande allegrezza, restando tutte le persone di quella casa molto consolate per i benefici ricevuti dalla divina Madre, ma insieme molto afflitti per restarne privi, e non cessavano mai di benedire la Santissima sposa Maria e narrare continuamente fra di loro le sue rare virtù. I Santi Sposi partirono alla volta di Nazareth lieti e contenti, perché già sapevano che adempivano la volontà divina; il nostro Giuseppe, però, più d'ogni altro, era contento ed allegro perché conduceva con sé la sua amata Sposa, e gli sembrava di avere con sé un grande tesoro. E di fatto ce l'aveva, avendo con sé il Re e la Regina del cielo e della terra. Quanto giubilava il suo cuore! Come esultava il suo spirito! Chi mai potrà narrarlo? Solo il nostro Giuseppe che lo sperimentò. In questo viaggio il Santo andava narrando alla sua Sposa quel tanto che gli era capitato nell'andarla a prendere e come Dio l'avesse favorito molto in quel cammino. Le disse quello che aveva inteso del Messia promesso, e come si sarebbe degnato di trattare con gente umile, semplice e povera, e le diceva: «Noi, mia Sposa, siamo poveri; dunque se avremo la sorte di vederlo e che venga al mondo ai tempi nostri, non sdegnerà di trattare anche con noi. Che fortuna sarà la nostra!». La divina Sposa e Madre del Verbo Incarnato godeva al sommo, nel sentire le parole fervorose del suo Giuseppe, e di questo ne prendeva motivo di lodare e magnificare la bontà del suo Dio e con le sue parole accendeva sempre l'amore nel cuore di Giuseppe; dopo poi lodavano insieme il loro Creatore. Il Santo invitava la sua Sposa a cantare qualche lode al suo Dio e la sua Sposa lo compiaceva. Cantava con molta grazia inni di lode, che Lei componeva a lode del suo Creatore e a lode del divin Verbo Incarnato che portava nel suo seno. Era tanta la dolcezza e la soavità del suo canto che il nostro Giuseppe andava in estasi per la consolazione che sentiva. Una grande moltitudine di uccelli accorreva a udire le lodi della Regina Santissima, e dopo che lei aveva terminato il suo canto, incominciavano loro a cantare in coro facendo dolci canti, quasi che avessero avuto l'uso della ragione e volessero anch'essi lodare il loro Creatore ad imitazione della Santissima Vergine. Il nostro Giuseppe restava ammirato di quanto udiva e godeva molto nel vedere il merito della sua Santa Sposa, perché già attribuiva il tutto al suo merito e alle sue virtù e lì apprendeva come favori di Dio fatti alla sua Santissima Sposa. Quando essi avevano terminato i loro canti, rivolto alla sua Sposa, diceva: «Vedi, mia Sposa, quanto ti ama il nostro Dio, e quanto ti favorisce? Anche con segni esterni ti manifesta quanto tu gli sei gradita, mentre fa tutto ciò in tua lode. È vero che questi animaletti lodano il loro Creatore, ma lodano anche te, perché a te sola fanno queste accoglienze». E di fatto quegli animaletti si mostravano tutti lieti e festosi, assistendo tutti dal lato della divina Madre. L'umilissima Vergine, però, si umiliava e diceva al suo Giuseppe che quelli lodavano il loro Creatore e che Dio permetteva questo per dare loro sollievo nel cammino e per invitarli sempre più a lodarlo anch'essi, e che ammirassero sempre più grande la divina bontà verso di loro, ed anche in segno che Dio l'amava molto e gli diceva: «Se il nostro Dio ci ama tanto e ci dà così chiari segni del suo amore, quanto dobbiamo amarlo noi e dargli chiari segni del nostro amore verso di Lui?». E la divina Madre incominciava a discorrere dell'amore che dovevano al loro Dio e si accendeva tutta in quest'amore, divampando le fiamme anche nel suo volto, che era osservata dal santo Sposo, perché tra il vermiglio del volto verginale si faceva vedere una chiarissima luce, che apportava al Santo Sposo venerazione e consolazione insieme e restava anch'egli tutto infiammato d'amore divino, tanto più che le parole della sua Santa Sposa erano come dardi infuocati che penetravano il cuore del Santo, e l'accendevano sempre più nell'amore divino. In questo viaggio non sentivano stanchezza alcuna, perché spendevano il tempo come già si è narrato, e perciò il cammino si rese loro molto facile, anzi gustoso e non pareva vero al nostro Giuseppe di avere in sua compagnia la sua amata Sposa. Nel viaggio, poi, si incontrarono con varie persone e la Santissima Vergine serviva a tutti di sollievo e di consolazione, facendo a chi una grazia e a chi un'altra, secondo la necessità dei viandanti, servendosi il Verbo Divino della sua Santissima Madre come di uno strumento per dispensare grazie agli uomini, che Lui era già venuto a redimere. Anche dal seno materno faceva molte grazie, su richiesta della sua Santissima Madre, a tutti quelli che si trovavano in necessità e specialmente a quelli che stavano in peccato, che la divina Madre ben conosceva e supplicava il suo Figliolo Dio Incarnato per la salvezza degli uomini affinché li illuminasse, e desse loro un vero dolore delle loro colpe e li perdonasse. Il Verbo Incarnato accondiscendeva alle suppliche della sua amatissima Madre, e non ci fu grazia che Lei gli chiedesse, che Lui non la compiacesse. Spesso poi gli domandava l'aumento della sua grazia divina nell'anima del suo Sposo Giuseppe ed era sempre compiaciuta, per cui il nostro Giuseppe veniva sempre più a crescere nella grazia e nell'amore del suo Dio. Il Santo conosceva come Dio tanto lo favoriva e capiva come andava in lui crescendo il beato incendio, e diceva alla sua Sposa che ben capiva come Lei gli meritava le grazie dal suo Dio e le diceva: «Io conosco ciò, perché da quando ho la fortuna di trattare con te e Dio ti ha dato a me per fedele compagna, il mio cuore si strugge d'amore verso il mio Dio, il mio spirito non è capace di altra consolazione che di dilettarsi nel nostro Dio, né di altro si cura, né altro brama, e vorrei tutto consumarmi nel Suo amore. Sento anche come nella mia anima c'è un non so che, che non so, né posso narrarti, e come il nostro Dio mi fa gustare la sua dolcezza e la sua soavità in un modo assai più sublime ed eccellente di prima. Tutto ciò io tengo di certo mi venga partecipato per la tua intercessione, perché il nostro Dio ti ama molto». L'umilissima Vergine sentiva queste parole, e si umiliava di più, ed esaltava la bontà del suo Dio e diceva al suo Sposo Giuseppe: «Tu sai già quanto è buono il nostro Dio, quanto generoso ed amorevole verso chi l'ama. Tu desideri amarlo infinitamente se fosse possibile, desideri spenderti tutto nel suo servizio. Tu procuri di adempire in tutto la sua divina volontà; non ti meravigliare dunque se il nostro Dio si mostra tanto generoso e cortese verso di te. E non sai che è un gran Signore, e che può dare assai molto di più di quello che noi possiamo ricevere?». A queste parole, il nostro Giuseppe esclamava: «Oh, Dio grande! Oh, Dio buono! Oh, Dio infinito! E quando sarà che il tuo servo arriverà ad amarti tanto, quanto deve? E quando sarà che tutto sarò impiegato nel tuo servizio?». E nel dire questo restava rapito in estasi. La sua Santa Sposa lo rimirava con grande allegrezza, e godeva nel vederlo crescere sempre più nell'amore del suo Dio che lodava e ringraziava in suo nome. Il Santo non mancava di supplicarla spesso di fare per lui gli atti di gratitudine e di lode al suo Dio, perché lui diceva: «Io sono del tutto insufficiente, perciò fai tu per me, mentre tu saprai lodarlo e ringraziarlo assai meglio di me, perché tu sei arricchita di sapienza e di grazia». La divina Madre si umiliava, nell'udire queste parole, ed esaltava la bontà e la grandezza del suo Creatore, la generosità che usava verso di lei e diceva al suo Giuseppe: «Lodiamo e ringraziamo insieme il nostro generosissimo Dio, perché più di ogni altro gli siamo obbligati; e se finora si è mostrato tanto generoso con le sue creature, che è cosa da ammirarsi, molto più generoso si è dimostrato e si va dimostrando verso di noi, distinguendoci fra tanti ed eleggendoci per suoi». Qui si univano a lodare e ringraziare la divina generosità e beneficenza. Questi erano i discorsi che i Santi Sposi facevano in quel viaggio, trattando sempre di Dio, lodandolo e narrando le sue grandezze, la sua infinita bontà, il suo amore, procurando di mostrarsi in tutto graditi a un Signore così generoso.
Dio gradiva molto questi loro discorsi, e l'onore e la gloria che davano alla sua divina maestà; e il Verbo Eterno, che stava rinchiuso nel seno verginale, manifestava alla divina Madre quanto gli fossero graditi i desideri ardenti del fedelissimo Giuseppe, e le faceva vedere quanto fosse arricchita l'anima di lui di grazia e di meriti, e come era pronto ad arricchirla sempre più. La divina Madre lo ringraziava da parte di Giuseppe e poi rivolta a lui gli diceva che procurasse di crescere nell'amore e nel desiderio ardente, perché il suo Dio era sempre pronto a compartirgli maggiori grazie e gli diceva: «Non stanchiamoci mai nel domandare, perché spero che noi riceveremo molte grazie; e continuiamo a lodare e ringraziare il nostro generosissimo Signore perché lo merita e perché gode molto della gratitudine. Noi non possiamo fare altro che essergli fedeli in tutto, e lodarlo e ringraziarlo continuamente perché anche le sue grazie sono continue verso di noi, e nel ringraziarlo ed essendogli grati ci disponiamo a ricevere nuove grazie e favori». Il nostro Giuseppe stava tutto attento ad ascoltare le parole della sua santa Sposa, che restavano tutte impresse nel suo cuore e l'accendevano sempre più nell'amore e nella gratitudine verso il suo Dio.

Loro arrivo - I Santi Sposi terminarono questo viaggio con tanta felicità e consolazione del loro spirito, che si avvidero appena del cammino che facevano e capivano tutto, perciò non lasciarono di rendere grazie a Dio anche di questo beneficio, come facevano di tutte le altre grazie che ricevevano dalla generosità di Dio.




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LA VITA 21: DA S. ELISABETTA

VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XXI
S. Giuseppe e la Santissima Vergine visitano Santa Elisabetta

Accondiscendenza di San Giuseppe - Accordati già i Santi Sposi, Maria e Giuseppe, di partire da Nazareth per andare a visitare la parente Elisabetta, e stabilita l'ora della partenza, prima di partire si raccomandarono molto a Dio, supplicandolo del suo aiuto in quel viaggio. Il Santo Sposo sentiva rincrescimento nel condurre la sua Sposa per quelle strade tanto disastrose, perché, essendo tanto gentile, temeva che potesse patire nel viaggio, e non mancò di manifestare alla sua Sposa la pena che sentiva di questo. Lei però gli fece animo e lo assicurò che il viaggio sarebbe stato felicissimo, perché essi adempivano in quello la volontà divina e che perciò Dio non avrebbe mancato di assisterli e provvederli. Così Giuseppe si consolò per le parole della sua Santa Sposa. La Santissima Vergine si mostrava desiderosa di partire, perché ben sapeva la causa per la quale andava dalla parente, e che il Verbo Incarnato nel suo purissimo grembo voleva andare di persona a santificare il Precursore Giovanni Battista; per cui era bramosa che si eseguisse presto la volontà divina e che il Precursore restasse santificato. Il nostro Giuseppe conobbe il desiderio della sua Sposa, e le chiese perché si volesse portare con tanta allegrezza in un luogo tanto disastroso. «Forse per soffrire gli incomodi che sono soliti soffrirsi nel viaggiare, - le disse il Santo Sposo, - perché sei bramosa di soffrire per amore del nostro Dio?»; al che la Santissima Vergine rispose che bramava di partire presto per adempire con tutta sollecitudine la volontà divina. E di fatto questa era la causa primaria del suo desiderio, tacque però il resto, perché i segreti che il Verbo Incarnato le manifestava, li conservava tutti nel suo cuore, e non li scopriva mai.

In viaggio - li nostro Giuseppe, sentendo il motivo delle brame della sua Sposa, si accese anche lui di questa brama, e con grande allegrezza e sollecitudine se ne partì, col motivo di adempire la volontà divina; perciò, domandata la benedizione a Dio prima insieme, la Santa Sposa volle umiliarsi e domandare la benedizione al suo Sposo Giuseppe, che gliela diede con grande affetto e tenerezza di cuore. Il Santo non poteva negarle cosa alcuna, perché domandava tutto con tanta grazia, con tanto modo, e con tanta umiltà, e piangeva per la tenerezza nel vedersi genuflessa ai suoi piedi quella vaga, nobile ed umile Fanciulla. Quando il nostro Giuseppe ebbe dato la benedizione alla sua Santa Sposa, partirono con sollecitudine. La divina Sposa affrettava i passi, perché era portata con velocità dallo spirito di quel Dio che abitava nel suo seno. Anche il nostro Giuseppe si affrettava nel cammino senza sentire noia o stanchezza alcuna, anzi sentiva una grande allegrezza di cuore. Andava discorrendo con la sua Santa Sposa dei divini misteri, delle divine perfezioni, e con questi sacri discorsi faceva tanto cammino senza neppure accorgersi; per cui il Santo Sposo ne restava stupito, e lo diceva sovente alla sua Sposa, che ne prendeva motivo di lodare e benedire Dio; e diceva al suo Giuseppe: «Vedi com'è buono il nostro Dio, come benedIce le nostre opere, come ci dà la forza e la grazia di fare quel tanto che Lui vuole da noi? Lodiamolo dunque insieme!». E qui si mettevano a recitare le lodi divine. Poi il nostro Giuseppe pregava la sua Sposa di voler cantare qualche lode al suo Dio, mentre in quella solitudine non era udita da nessuno. La Santa Sposa obbediva, e cantava dolcemente le lodi al Verbo Divino che racchiudeva nel seno. Il fortunato Giuseppe se ne andava in estasi per la dolcezza, e camminava molte miglia del tutto astratto e rapito in estasi; e allora la divina Madre cantava altre lodi al Verbo Incarnato in ringraziamento del beneficio fatto a lei e a tutto il mondo insieme; queste però, il santo Sposo non le sentiva. I nostri viandanti erano accompagnati da una moltitudine di Spiriti Angelici, che facevano corte alloro Re e alla loro Regina, e anche questi cantavano inni di lode, che la divina Madre sentiva. Uscivano a schiere anche gli uccellini e facevano canti armoniosi alloro Creatore; questi però erano uditi anche dal nostro Giuseppe, il quale si meravigliava e rivolto alla sua Sposa diceva: «Vedi, mia Sposa, come questi animaletti ci invitano con il loro canto a lodare il nostro Dio? ». Il nostro Giuseppe credeva che Dio operasse quei prodigi per amore della sua Santa Sposa, ed era certo di questo, benché a lei non lo manifestasse. Restava sempre più consolato della felice sorte che gli era toccata e della grazia che Dio gli aveva fatto di dargliela per compagna e gliene rendeva affettuose grazie. Così fecero questo viaggio con grande letizia. Nella notte poi, si posavano nei luoghi che trovavano capaci, si rifocillavano con poco pane ed acqua, e solo il nostro Giuseppe prendeva qualche cosa di più secondo la necessità che ne aveva; e la sua Santa Sposa, che era tutta carità, lo pregava di rifocillarsi con qualche cosa di più per potersi mantenere le forze corporali, ed il Santo la compiaceva quando ne sentiva il bisogno. Il loro riposo della notte era per un pezzo il recitare le lodi divine, poi si stavano a sedere, e così in quella posizione il nostro Giuseppe si addormentava per poche ore e la Santissima Vergine si tratteneva in sacri colloqui col suo Dio. Anche lei prendeva qualche quiete di sonno, ma molto breve, benché nel sonno stesso amasse il suo Dio e trattasse con Lui.

In casa di Giovanni -Terminato il viaggio, i Santi Sposi se ne andarono addirittura a casa di Zaccaria. Il Santo Sposo Giuseppe entrò con la sua Sposa Maria Santissima. Giuseppe si fermò a salutare Zaccaria, e S. Elisabetta, presa da un impeto d'amore comunicatole dallo Spirito Santo corse ad abbracciare la divina Madre, e nel vederla fu illuminata e conobbe essere quella vergine sua parente la vera Madre del Verbo divino fatto Uomo. La Santissima Vergine salutò prima la sua parente Elisabetta, col titolo madre del grande Profeta e Precursore, e S. Elisabetta rese il saluto alla Santissima Vergine chiamandola Madre del Verbo Divino ed esclamò: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?». Tutto questo non fu udito da alcuno, perché tutti quelli di casa si trattenevano con S. Giuseppe e Zaccaria che, essendo muto, non si capiva che a cenni; per cui stavano tutti intorno a lui perché Giuseppe capisse quello che Zaccaria gli manifestava. Qui la Santissima Vergine compose quel famoso cantico, e mentre occorse tutto ciò, si manifestò il Verbo Divino che stava nel seno della Santissima Vergine, si manifestò a Giovanni, avendo prima, il Verbo divino, impetrato dal divin Padre questa grazia al suo Precursore, cioè di rimanere santificato nel seno materno ed accelerato l'uso della ragione e conoscere il suo Dio incarnato prima di venire alla luce. Ottenuta dal Divin Padre questa grazia, il Verbo Incarnato la fece subito al suo Precursore, facendoglisi conoscere con chiarezza e santificandolo nel medesimo istante. Giovanni esultò e adorò dal seno materno il suo Redentore; giubilò e fece gran festa sentendolo anche la madre. Fece atti di ringraziamento per il beneficio così singolare e si offrì tutto al suo Divin Redentore e Santificatore; e il Verbo Incarnato rese grazie al Divin Padre, da parte del Precursore già santificato dal beneficio ricevuto. Fatti i complimenti accennati, S. Elisabetta si ritirò con la Santissima Vergine e si trattennero in sacri colloqui. Anche il nostro Giuseppe fu ricevuto con dimostrazioni di affetto singolare, tanto da Zaccaria come da Elisabetta e da tutte le persone di quella casa, perché nell'entrare dei due santi Sposi vi entrarono un'allegrezza e un giubilo incomparabile. La Madre del Verbo Divino restò qui per tre mesi, per la consolazione della sua parente e di tutta quella casa, che rimase santificata per le virtù mirabili che la Santissima Vergine operò qui, e che sono narrate nella sua Vita.

Partenza di Giuseppe - Il nostro Giuseppe doveva già tornarsene a Nazareth per ritornare poi a prendere la sua divina Sposa e condurla di nuovo a casa sua. Stabilita l'ora della sua partenza, fu di sommo dispiacere di tutta quella casa, perché desideravano che si fosse trattenuto qui con la sua Santa Sposa, ma il nostro Giuseppe volle partire per adempire la volontà divina. Raccomandò caldamente la sua Santa Sposa ad Elisabetta e a tutte le persone di quellacasa, dicendo loro che quello era il suo tesoro, e che lasciandola qui vi restava anche il suo cuore, perciò li pregava di averne tutta la cura. Parlò poi con la sua Santa Sposa e la supplicò di non dimenticarsi di lui, dicendole che partiva molto triste senza di lei e che avrebbe passato quel tempo in grande tristezza, mentre era privo di tutta la sua consolazione. Il Santo fu animato e confortato molto dalla sua Santa Sposa, e fu assicurato del ricordo che avrebbe tenuto di lui. Il Santo partì con il corpo, ma rimase lì con il cuore.

In cammino - Si mise in cammino assistito dalla grazia del suo Dio e dalle orazioni della sua Santa Sposa, che non tralasciava di raccomandarlo con premura affinché Dio l'avesse assistito e gli avesse dato lo spirito per soffrire la lontananza della sua persona. Dio, però, non mancò di esaudire le suppliche della Santissima Vergine, ed il nostro Giuseppe sperimentò un'assistenza particolare, così nel viaggio, come nel resto del tempo. Fin tanto che il nostro Giuseppe poteva vedere la casa di Zaccaria, non tralasciava di rivolgersi a guardarla per la consolazione che ne sentiva stando lì la sua amata Sposa Maria Santissima. Il Santo, nel viaggio, andava considerando ad una ad una in particolare, le virtù della sua Santa Sposa, e la benediceva e rendeva grazie al suo Dio perché l'aveva ricolmata di tante e così sublimi virtù ed ornata di tanta grazia, e così si andava consolando. Anche il pensiero che aveva di dovere presto ricondurla a Nazareth, gli faceva mitigare la pena che aveva sentito nel restarne privo. Nel pensare poi alle sue virtù, sentiva tanta consolazione e tanta dolcezza di spirito, che si rallegrava tutto, perciò fece quel viaggio con molta consolazione benché fosse solo, sembrandogli che il pensare alla sua Sposa fosse lo stesso, quasi che averla presente, e questa grazia gliela impetrò la sua Santa Sposa.

A Nazareth - Arrivato a Nazareth, il nostro Giuseppe non tralasciò affatto di operare quel tanto che era solito fare quando c'era la sua Sposa Maria Santissima. Spendeva il tempo in preghiera, nel recitare le lodi divine. Supplicava per la venuta del Messia, si impiegava già nel lavorare e faceva delle elemosine, secondo la possibilità che aveva. Il nostro Giuseppe era assistito da un'amorevole vicina in quello che gli era necessario per il vitto, benché il Santo facesse frequenti digiuni. Mentre lavorava si trovava afflitto dalla stanchezza o da qualche tedio, e non avendo la consolazione di poter trattare con la sua Santa Sposa, se ne andava nella piccola stanza dove lei dimorava quando c'era, e qui si metteva genuflesso e pensava come in quella stanza la sua Santa Sposa si tratteneva in continue orazioni e colloqui col suo Dio; per cui tutto piangente si raccomandava a Dio e lo pregava del suo aiuto. Qui il nostro Giuseppe trovava tutte le sue delizie, perché bene spesso fosse rapito in estasi e ne sperimentava molta consolazione, perché già in quella stanza si era operato il grande mistero dell'Incarnazione, e Dio favoriva molto quel luogo spargendovi le sue grazie e le sue celesti benedizioni. Avvedutosi di questo, Giuseppe, ogni volta che si trovava afflitto o travagliato, se ne andava in quella stanza e restava consolato, e credeva che così fosse perché qui aveva dimorato la sua Santa Sposa, e che perciò quel luogo fosse rimasto santificato, come di fatto lo era.

È deriso - Al nostro Giuseppe, in assenza della sua Sposa, non mancarono dei travagli perché, saputosi per la città che lei era partita e rimasta dalla parente, molte persone, istigate dal demonio, andavano alla bottega del nostro Giuseppe e qui lo deridevano e lo motteggiavano perché aveva lasciato la sua Sposa in casa d'altri. Il Santo soffriva con pazienza, non rispondeva, né si risentiva dei motti pungenti. Altri col pretesto di compassione e di benevolenza l'andavano a trovare e biasimavano la sua Sposa perché l'aveva lasciato solo, perché avrebbe patito molto. Queste parole contro la sua Sposa gli ferivano il cuore, il Santo non voleva sentirle, però con bel modo li licenziava e li riprendeva affinché andassero riguardati nel parlare e perché non offendessero Dio. Il nostro Giuseppe passò molti di questi travagli per quei tre mesi che dimorò senza la sua Santa Sposa, che già vedeva tutto quello che il suo Sposo soffriva e lo teneva molto raccomandato a Dio, impetrandogli la fortezza e la sofferenza.

Come viene consolato - Il suo Angelo, poi, gli parlava molto spesso nel sonno e gli dava notizie della sua Sposa, l'assicurava dell'assistenza delle sue orazioni e gli diceva come sempre più andasse crescendo nelle virtù, nell'amore e nella grazia del suo Dio, per cui il nostro Giuseppe procurava di imitarla, benché lontano da lei e si accendeva in lui il desiderio di rivederla presto per trattarci, così spesso sospirava l'ora bramata del suo ritorno. La divina Madre non mancava di inviare spesso anche gli angeli che le facevano corte, affinché con le loro ispirazioni avessero consolato il suo Giuseppe, specie quando si trovava in afflizioni, così il nostro Santo ebbe molti aiuti per mezzo della sua Sposa e in varie occasioni fu consolato e confortato; ma la consolazione maggiore che il nostro Giuseppe sperimentò fu il trattenersi a pregare nella stanza della sua divina Sposa, mentre qui, come dissi, il suo spirito rimaneva colmo di consolazione, e per i continui rapimenti che gli ci accorrevano veniva anche illuminato a capire molti misteri divini. Restava anche molto sollevato e contento quando l'Angelo gli parlava nel sonno e gli dava notizie della sua Sposa e l'assicurava del ricordo che teneva di lui e che pregava molto per lui. Il Santo conosceva le molte grazie che Dio gli compartiva, e gli si mostrava grato nel ringraziarlo affettuosamente, riconoscendo il tutto dalla bontà del suo Dio e dai meriti della sua santa Sposa, per cui si applicava anche lui a supplicare Dio per lei, affinché venisse sempre ricolmata di doni e di grazie e che in lei si accrescesse sempre più l'amore verso il suo Dio.

Parla di Maria e si intrattiene con lei - La divina Madre vedeva tutto questo e si mostrava grata al suo Giuseppe impetrandogli nuove grazie. A volte poi, si tratteneva con quell'amorevole che lo assisteva, a discorrere delle virtù della sua sposa Maria, e poiché quella era una persona molto timorata di Dio ed affezionata ai santi Sposi, conosceva la loro virtù e la loro santità in qualche parte e perciò lodava molto la Santissima Vergine, quando ne discorreva col nostro Giuseppe; ed egli ne sentiva somma consolazione e piangeva per la gioia, e si accendeva di desiderio di ricondurla presto nella sua casa per avere la sorte di trattare con Lei, e spesso, sospirando fra sé, diceva: «O mia amata Sposa, quando sarò fatto degno di rivederti in casa, e trattenermi con te in sacri colloqui? Oh, castissima e purissima colomba! Tu sei lontana da me, ma il mio cuore sta con te, e ti amo tanto perché sei veramente santa e perché il nostro Dio ha depositato in te il tesoro di tante grazie. Credo che questo mio amore che non dispiacerà al nostro Dio, perché appunto per questo io ti amo tanto, perché in te scorgo l'abbondanza della grazia divina, e come il nostro Dio abita in te per amore, cosicché nella tua persona io intendo amare il nostro Dio, amando la sua grazia, il suo amore; e desidero il tuo ritorno per potermi sempre più accendere nell'amore del nostro Dio, mentre le tue parole sono tanti dardi che accendono nel Suo amore; le tue mirabili virtù sono tanti stimoli al mio cuore per farmi avanzare nella perfezione e nella pratica di quelle virtù di cui tu sei tanto ripiena». Così parlava il nostro Giuseppe, fra sé, con la sua Santa Sposa, alla quale, benché da lontano, tutto era noto, e indirizzava al suo Dio tutte le lodi che le dava il suo Sposo, confessandosi davanti a Dio umile ancella mentre il suo Dio era degno di ogni lode: e a Lui dava lode, onore e grazie. Lo pregava per il suo Sposo Giuseppe e gli impetrava sempre più nuove grazie e favori, ed il nostro Giuseppe lo sapeva e perciò ne rendeva grazie a Dio. Corrispondeva alle grazie che la sua Sposa gli impetrava pregando continuamente per Lei.

Sua vita caritatevole - Il nostro Giuseppe non tralasciò poi mai di fare quel tanto che era solito fare prima che si sposasse con la Santissima Vergine, anzi, dopo lo praticò con più perfezione; questo era di assistere con le sue ferventi preghiere i poveri moribondi e domandare con grande insistenza a Dio la loro salvezza eterna e la liberazione dagli assalti dei nemici infernali e la fortezza per vincerli. Pregava anche con grande insistenza per i peccatori, affinché si convertissero alla penitenza e lasciassero la colpa. Alle suppliche aggiungeva le vigilie della notte, il digiuno, le elemosine, e non cessava di supplicare con caldi sospiri e abbondanti lacrime per la salvezza di tante anime che stavano sepolte nelle tenebre dell'idolatria, desiderando sempre più la venuta del Messia promesso, affinché con la sua divina luce e sapienza illuminasse tutti quelli che si trovavano sepolti nelle tenebre e nelle ombre della morte. Il nostro Dio gradiva molto le suppliche del suo fedele servo, che perciò lo ricompensava tanto con grazie particolari e sublimi favori e tanto l'andava arricchendo di meriti accrescendo sempre in lui questi desideri per farlo degno di meritare sempre più e di essere ricolmo di grazie.




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LA VITA 20: L'INCARNAZIONE DEL VERBO

VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XX
S. Giuseppe desidera la venuta del Messia

Desidera il Messia - Nel cuore della Santissima Vergine si andava accendendo il desiderio della venuta del Messia, in modo tale che stava tutta impiegata a porgere calde suppliche al suo Dio, affinché lo inviasse presto, e con il suo Sposo Giuseppe ne parlava continuamente, narrandogli la sua brama ardente; perciò il nostro Giuseppe, nel sentirla tanto bramosa, si andava anch'egli accendendo sempre più in questo desiderio, e, rivolto al suo Dio, gli diceva spesso con grande confidenza: «O mio Dio, è ormai tempo che si adempia la tua promessa e che mandi al mondo il desiderato e aspettato Messia, affinché redima il tuo popolo e tutto il mondo, che vive in schiavitù. Tu vedi quanto pochi sono quelli che ti conoscono e che ti amano, per cui è ben dovere che ci mandi quello che farà conoscere al mondo il tuo nome e la tua potenza, la tua bontà, la tua misericordia con tutte le tue divine perfezioni: e solo il tuo Unigenito sarà capace di far questo e di insegnare a tutti la vera strada che conduce alla salvezza». Poi, rivolto alla sua Sposa, le diceva: «Tu, mia sposa e colomba, supplica con insistenza il nostro Dio, perché Egli ti ama molto, e non è possibile che non ascolti le tue suppliche».Allora la Santa Sposa si umiliava, e narrava con grande ardore il suo desiderio e gli diceva: «Stiamo uniti in questa domanda, non cessiamo mai fin tanto che non sono adempite le nostre suppliche; il nostro Dio è buono, non mancherà di esaudirci». Giuseppe incominciava a narrarle quel tanto che l'Angelo gli aveva detto più volte nel sonno circa il Messia promesso, e delle virtù che il detto Messia avrebbe avuto e praticato. La Santa Sposa stava a sentirle con molto gusto, e diceva al suo Giuseppe che gliene parlasse spesso, perché lei sentiva molta consolazione nell'udirlo ragionare di questo. Con i continui discorsi che facevano di questo vi accompagnarono più frequenti le orazioni, i digiuni e le elemosine, e fra di loro dicevano: «Se mai avremo la sorte di sapere che il Messia sia venuto al mondo, noi certo andremo subito ad adorarlo e ad esibirgli la nostra servitù, supplicandolo di volerei ammettere nel numero dei suoi schiavi e servi, benché minimi, e sarà nostra fortuna se ci accetterà; ed in qual parte del mondo Egli verrà, noi subito andremo a ritrovarlo senza dimora. Oh! Noi felici e beati, se saremo fatti degni di tale sorte, che i nostri occhi abbiano a vederlo, e le nostre orecchie udire le Sue parole!».

Suppliche esaudite - Dio si mosse alle continue suppliche della Santissima Vergine, che erano tanti dardi che giungevano al trono della Divinità, ed accelerò il tempo della venuta. Erano anche molto gradite a Dio le suppliche del nostro avventurato Giuseppe; perciò Dio, mosso dalle replicate né mai interrotte istanze, determinò di inviare il Messia promesso. Non cadde mai nel pensiero né alla Santissima Vergine, né a S. Giuseppe, che una così grande grazia fosse riservata per loro, cioè che il Messia sarebbe nato da loro e avrebbe preso carne umana nel seno della Santissima e purissima Fanciulla Maria, perché, siccome erano umilissimi, si riconoscevano appena degni di essere suoi servi. Arrivato pertanto il tempo destinato a fare un così grande beneficio al mondo, ed essendo arrivate le brame ardenti della Santissima Vergine al sommo, il Verbo Divino si incarnò e prese carne umana nel grembo di Maria Vergine, come è già ben noto a tutto il mondo.

Incarnazione del Verbo - Quello che seguisse nell'Incarnazione circa la Santissima Vergine, non è necessario narrarlo in questa storia, perché è già scritto in molti luoghi, e in particolare nella vita di Maria Santissima; dirò solo quello che capitò al nostro Giuseppe, il quale, avendo passato quasi tutto il giorno precedente in sacri colloqui con la sua Santissima Sposa e in ardenti brame di questa venuta del Messia al mondo, si ritirò la notte tutto acceso di questo desiderio, ed avendo riposato alquanto, l'Angelo gli parlò nel sonno e gli disse: «Giuseppe, presto alzati e supplica Dio con ardore, perché ha destinato di fare un gran bene a tutto il mondo»,- ma non gli disse che cosa. Subito il Santo si destò, ed alzatosi si mise in preghiera, non potendo fare altra supplica, che supplicare Dio affinché si fosse degnato di mandare al mondo il Messia promesso. E quando il Verbo Eterno si incarnò, il nostro Giuseppe stava in orazione, pregando per questo, come vi stava anche la sua Santissima Sposa, che per tutta quella notte aveva pregato e supplicato.

Estasi di Giuseppe - Nell'Incarnazione che si fece del Verbo divino, il nostro Giuseppe fu elevato in estasi, per l'insolita consolazione di spirito che intese in quell'istante, ed in questa estasi conobbe grandi misteri circa la detta Incarnazione, ma non gli fu mai manifestato che la sua Sposa era la fortunata destinata madre del Verbo Divino. Gli fu bensì manifestato quanto Lei fosse cara e gradita al suo Dio, e come le suppliche di lei erano giunte a penetrare nel cuore di Dio e compiegatolo ad esaudirla nelle sue domande circa l'acceleramento dell'Incarnazione. Il nostro Giuseppe, tornato pertanto dall'estasi, rese affettuose grazie al suo Dio, e non vedeva l'ora di andare a darne ragguaglio alla sua amata Sposa Maria affinché lei si rallegrasse della grazia che Dio gli aveva fatto nell'estasi avuta, e che lei lo ringraziasse a suo nome.

Attende la Sposa - Quella mattina la Santissima Sposa tardò alquanto ad uscire dal suo ritiro, mentre stava tutta immersa nel gaudio del suo Dio ed applicata alle adorazioni e ai ringraziamenti del beneficio ricevuto; così il Santo Sposo, che non sapeva niente di questo, si immaginava che Lei si tratteneva in preghiera, e non ardiva disturbarla. Perciò aspettò con grande pazienza ed anche con molta rassegnazione che la sua Santa Sposa uscisse dal suo ritiro, ed in quel tempo la raccomandava al Signore affinché l'avesse sempre più ricolmata delle sue grazie e dei suoi favori, conoscendola già meritevole di grazie e di doni celesti, sia perché già vedeva le sue rare virtù, come anche perché gli era chiaramente manifestato da Dio il suo gran merito e la sua sublime santità.

Prudenza di Maria - Mentre il nostro Giuseppe stava aspettando la sua Santa Sposa per narrarle quel tanto che gli era occorso, la purissima Vergine uscì già fatta Madre del Verbo Divino, avendolo concepito per opera dello Spirito Santo; uscì dal suo ritiro, come era solita, non dando al suo Sposo dimostrazione alcuna di quanto in lei era seguito, ed essendo prudentissima, tenne sempre celato il segreto del Re, aspettando che Dio l'avesse manifestato al suo Giuseppe quando fosse stato necessario che egli lo sapesse.

Stupore di Giuseppe - Al suo primo aspetto, il Santo Sposo la vide più bella e graziosa del solito, col volto ricoperto di chiarore e ne restò ammirato, sentendo in se stesso una venerazione molto grande verso la sua Sposa, ma credette che lei avesse avuto qualche estasi ed avesse trattato con Dio nella preghiera. Il suo pensiero non si inoltrò più di tanto, e siccome aveva un gran desiderio di parlare, non avvertì più di tanto quegli effetti mirabili che scorgeva in lei. Fu lei la prima a salutarlo, come era solita, e benché fosse già eletta a un posto così degno e sublime, non lasciò di umiliarsi, anzi si mostrava umile più che mai. Per la gioia che la santa Sposa teneva racchiusa nel suo seno verginale, ne traspariva anche nell'esterno; per cui i suoi occhi sfavillavano, ma l'accortissima Sposa li teneva modestamente socchiusi, affinché il suo Giuseppe non ne prendesse ammirazione, e tratteneva l'impeto dell'amore per non dimostrare nell'esterno la letizia e il giubilo del suo cuore e del suo spirito. Il nostro Giuseppe le rese il saluto con più ossequio del solito, perché ammirava in lei la grandezza della grazia divina, e subito le narrò quel tanto che l'Angelo gli aveva detto nel sonno e quello che nella preghiera aveva gustato e udito, dicendole anche: «Io credo, mia Sposa, che anche tu sia stata molto favorita dalle solite grazie del nostro Dio, perché ne scorgo in te chiari segni. E se sono stato tanto favorito io, che sono un miserabile, quanto sarai stata favorita tu, che sei tanto amata dal nostro Dio e che ti ha arricchito di tante grazie?».

Comune ringraziamento - A queste parole la Santissima Sposa chinò la testa, e supplicò il suo Giuseppe di volersi accontentare di dar lode a Dio insieme a lei e ringraziarlo di tutte le grazie che faceva ad ambedue. Il Santo fu contentissimo di questo invito, e si unirono a cantare le divine lodi e a fare atti di ringraziamento, e la santa Sposa gli disse: «Poiché l'Angelo ti ha detto che il nostro Dio ha fatto un beneficio grande al mondo, noi dobbiamo ringraziarlo per questo in particolare e farlo anche in nome di tutto il mondo, perché chissà se ci sia al mondo alcuno che lo ringrazia e gli si mostri grato, tanto più se questo beneficio sia nascosto al mondo; e mentre l'Angelo non te l'ha manifestato, senza dubbio sarà nascosto al mondo. Ringraziamolo dunque insieme a nome di tutto il genere umano».Per queste parole il Santo restò molto consolato, e la divina Sposa compose i cantici di lode, e li diceva con il suo sposo Giuseppe insieme ai cantici di ringraziamento e così si trattennero per un pezzo, restando il nostro Giuseppe molto ammirato della virtù e della grazia della sua divina Sposa, e dentro di sé ne dava lode a Dio e lo ringraziava di tutto quello che compartiva alla sua Sposa. Quando ebbero terminato le divine lodi e i ringraziamenti, il nostro Giuseppe se ne andò a lavorare e la Santissima Vergine rimase a fare i soliti uffici di casa, e benché avesse nel suo seno verginale il divin Verbo Incarnato, non tralasciò di fare quel tanto che faceva prima, servendo il suo Sposo Giuseppe con tutta esattezza, e nel considerarsi vera madre del Verbo Incarnato, non lasciava di riconoscersi umile ancella.

Attrazioni di Giuseppe - Il nostro Giuseppe stava applicato al suo lavoro e si sentiva attirare da un insolito affetto e desiderio di andare a trovare la sua Sposa. Sentiva verso di Lei un amore più potente, più ossequioso e sempre più santo, per cui non poteva starne lontano, se non col farsi molta violenza, mentre quel Dio incarnato nelle viscere della sua Santa Sposa attirava a sé il suo spirito, e benché a lui fosse celato il mistero, tanto l'amore faceva il suo ufficio di volere che gli oggetti amati stessero presenti, godendo uno della visione dell'altro. Giuseppe godeva molto nel trattenersi con la sua Santa Sposa, di un insolito e dolce godimento. Il Verbo Divino gradiva di avere ossequioso avanti a sé il suo amato Giuseppe, che andava sempre più ricolmando delle sue grazie. La divina Madre capiva tutto questo, e anch'ella ne godeva molto. Il nostro Giuseppe manifestò alla sua Sposa quel tanto che sentiva e le disse che lo perdonasse se le era molesto con le continue visite che le faceva e se disturbava la sua quiete, perché lui non poteva farne a meno, sentendosi attirare con violenza ad andarla spesso a vedere, e che quando stava alla sua presenza sentiva un'insolita consolazione, che non aveva mai inteso nel passato. La sua Sposa si mostrò molto cortese, e gli disse che fosse pure andato senza timore di apportarle pena, perché ogni volta avrebbero detto qualche inno di lode alloro Dio, affinché essendo da essi lodato, venissero a meritarsi la Sua grazia e il Suo favore. Il Santo, animato per le parole della purissima Sposa, vi andava senza timore e con sua molta consolazione, e ogni volta che l'andava a trovare gli sembrava più bella e più colma di grazia e gli apportava più venerazione.

Pena e sottomissione di Giuseppe - Questa consolazione durò breve tempo per il nostro Giuseppe, perché avendo detto l'Angelo alla Santissima Vergine quando l'annunciò, che la sua parente Elisabetta era gravida da sei mesi, la Vergine volle andarla a visitare, conoscendo essere questa la volontà del Verbo Incarnato che voleva andare di persona a santificare il suo Precursore Giovanni; così l'Angelo parlò al nostro Giuseppe nel sonno, e gli manifestò come la loro parente fosse gravida e come doveva condurre da lei la sua Sposa affinché l'avesse assistita per quei tre mesi che rimanevano. Questo avviso fu una spada al cuore del nostro Giuseppe, al pensiero di dovere per quel tempo rimanere privo della sua sposa Maria. Però chinò la testa agli ordini divini e si uniformò alla volontà del suo Dio. Manifestò alla sua Sposa quel tanto che l'Angelo gli aveva detto, e la sua Sposa lo pregò di condurla presto dalla parente Elisabetta, perché anche lei conosceva essere quella la volontà divina, e vedendo il suo Giuseppe tanto afflitto, l'animò e gli disse: «Non temere, perché io terrò continua memoria di te, non lascerò di raccomandarti a Dio; e poi, terminati i tre mesi, torneremo di nuovo a trattare insieme e a lodare e servire insieme il nostro Dio. Intanto non si dividerà né si scompagnerà il nostro spirito e il nostro amore verso l'oggetto da noi amato che è il nostro Dio, degnissimo di ogni lode, amore e fedele servitù. Ora con questa lontananza ci vuoI far provare se noi siamo fedeli a Lui, se ci uniformiamo alla sua volontà; e noi siamo in obbligo di mostrarci fedelissimi, perché lo merita e perché godiamo dei suoi favori e delle sue grazie molto più di ogni altra creatura».Il nostro Giuseppe rimase molto confortato per le parole della Santissima Sposa, e contento di adempire la volontà divina, privandosi volentieri della compagnia della sua Sposa a lui tanto cara e di sua tanta consolazione, preferendo al suo gusto quello di Dio e assoggettandosi subito al volere divino. La Santissima Vergine godette molto nel vedere il suo sposo Giuseppe tanto uniformato alla volontà divina e ne rese affettuose grazie all'Altissimo.




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