VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I - Capitolo XIII
S. Giuseppe è molto travagliato dal demonio e afflitto dall'aridità di spirito
La prova - Il nostro Giuseppe godeva delle grazie e dei favori particolari che riceveva dal suo Dio, e gustava la dolcezza e la soavità del suo amore, quando Dio permise che il suo servo fosse travagliato dalle creature per opera e per istigazione del demonio, affinché il Santo facesse acquisto di maggior merito e mostrasse al suo Dio la fedeltà e l'amore anche in mezzo alle persecuzioni e ai travagli.
Insidie del demonio: sua pazienza e mansuetudine - Il demonio odiava già molto il Santo Giovane, non poteva soffrire tanta luce e tante virtù che il Santo esercitava, per cui cercava sempre nuovi modi per inquietarlo e travagliarlo e vedere di fargli perdere la virtù, a lui tanto cara, della pazienza e della mansuetudine. Dio però lo teneva sempre lontano, non permetteva che gli si avvicinasse per inquietarlo; alle volte però gli dava la libertà di travagliarlo, per maggior merito del Santo e per sua confusione. Avuto il permesso di travagliare il Santo, il demonio, questo dragone infernale, istigò alcuni vicini del Santo e mise loro nell'animo un'avversione ben grande verso lo stesso, in modo tale che non potevano vederlo; e quando il Santo Giovane usciva dalla bottega per andare al Tempio o per fare altre faccende a lui necessarie per il suo lavoro, questi si misero prima a deriderlo, e vedendo che il Santo non faceva caso a questo, si infuriarono di più, in modo che l'ingiuriavano con cattive parole senza causa alcuna, chiamandolo sciocco, ozioso e che si era indotto a stare solo perché nessuno lo voleva attorno, e che sotto la coperta delle virtù, era un triste e un finto. Il Santo non rispose mai a queste parole, ma chinando la testa si stringeva le spalle e se ne andava al Tempio a pregare e a supplicare il suo Dio per coloro che lo maltrattavano. Si diede il caso che fu rubata certa roba ad uno di questi suoi malevoli, e subito diedero la colpa al Santo Giovane; così armati di sdegno se ne andarono alla sua piccola bottega e gli misero tutto in scompiglio, dicendogli che tirasse fuori quel tanto che egli aveva usurpato, ingiuriandolo e minacciando di castigarlo e di accusarlo come un ladro. Il Santo stava con la sua solita serenità, e non si discolpava; solo una volta disse loro che avvertissero bene perché erano in errore, ma questi non volevano cessare di importunare il Santo e lo tacciavano di essere un ladro, e alla fine disse loro che Dio avrebbe difeso la sua causa. I maligni, vedendo la costanza e la pazienza del Santo Giovane, si ritirarono minacciandolo di volerlo accusare, se non si trovava chi avesse usurpato la loro roba, tenendo di certo che era stato lui. Il Santo Giovane era molto afflitto per vedersi così incolpato, e molto più per le offese che si facevano a Dio; perciò se ne andò al Tempio a supplicare il suo Dio di volersi degnare di difenderlo in quel travaglio. Dio non tardò molto a scoprire l'inganno, perché si trovò chi aveva usurpato la roba; così quelli che lo avevano incolpato restarono molto confusi ed insieme ammirati e meravigliati della virtù e della pazienza del Santo, e l'avversione si cambiò in stima ed affetto verso di lui, così il demonio restò confuso, e il Santo arricchito di merito presso Dio e di stima presso gli uomini. Non per questo il nemico si abbatté, ma istigò alcuni giovani licenziosi, che più volte avevano visto il Santo Giovane frequentare il Tempio e di questo ne sentivano una passione ben grande, tanto più che la sua modestia serviva a loro di una gran riprensione; così un giorno, uniti insieme, si accordarono di voler andare alla bottega del Santo, e qui prenderlo in giro ed ingiuriarlo, e di fatto lo fecero con grande impertinenza. Trovarono il Santo Giovane che lavorava e stava tutto assorto nella contemplazione delle divine perfezioni, perché lui, anche lavorando, era assorto con la mente. Essi gli domandarono alcune cose curiose e vane, ma il Santo non diede loro risposta. Questi continuavano a fargli altre domande impertinenti, e il Santo disse loro, che lo lasciassero stare in pace e che se volevano quei vani trattenimenti, andassero altrove perché egli era occupato nel suo mestiere. Questi incominciarono a motteggiarlo ed ingiuriarlo, dicendogli degli improperi, ai quali il Santo Giovane non rispose mai, attendendo al suo lavoro e alla contemplazione in cui stava. Uno di loro, più ardito e insolente degli altri, si avanzò a dare delle percosse al Santo, il quale altro non gli disse che: «Dio ti perdoni, fratello, perché nonostante io meriti questo per i miei peccati, tuttavia a te non ho dato motivo di fare questo contro di me». E mentre quello lo percuoteva, gli altri compagni facevano festa ed applaudivano il giovane insolente. Dopo che l'ebbero saziato di ingiurie e di percosse, se ne andarono, e il Santo rimase con la sua solita serenità e pazienza, non facendo di questo risentimento alcuno. Si rivolse però al suo Dio e lo supplicò del suo aiuto, come gli aveva promesso tante volte, dicendogli: «Dio mio, tu mi hai assicurato di assistermi e difendermi in tutte le occorrenze, e sai già che io non ho altro che te; perciò a te ricorro, perché mi aiuti e mi difenda dai miei nemici».
Consolato da Dio - Dio consolò il suo servo, perché la notte seguente gli apparve l'Angelo e l'assicurò che in quell'occorrenza egli aveva acquistato grande merito e aveva dato molto gusto al suo Dio, e gli disse che stesse pure pronto perché il demonio l'odiava molto e lo voleva travagliare, ma che Dio l'avrebbe assistito e difeso, e che gli permetteva questo per fargli acquistare merito e provare la sua fedeltà. Il Santo restò tutto consolato per queste parole e animato a soffrire tutto con pazienza ed allegrezza, perché così permetteva il suo Dio che allora fosse travagliato.
Nuove insidie e vittorie - Il nemico infernale, vedendo che anche in questa occasione era rimasto confuso e svergognato, e che il Santo faceva spiccare di più le sue rare virtù, non si abbatté affatto, ma si infuriò di più ed andava istigando ora uno, ora un altro contro il Santo, mettendosi anche con persone di autorità per screditarlo maggiormente, ma per quanto si adoperasse con le sue frodi, ne restava sempre confuso. Una volta, fra le altre, il Santo aveva fatto un certo lavoro a una persona di credito, e quando gli portò il lavoro fatto e aspettava la sua ricompensa, al posto di ricevere la paga delle sue fatiche, ricevette cattive parole, con dirgli che il lavoro non era fatto a dovere, né di suo gusto, e che piuttosto della paga meritava un castigo; e preso il lavoro cacciò via il Santo con cattivi termini e parole ingiuriose. Il nostro Giuseppe se ne andò soffrendo con grande pazienza quei cattivi termini senza ricevere ricompensa alcuna; e siccome si trovava in grande necessità per il suo mantenimento, se ne andò addirittura al Tempio a supplicare Dio, con la solita confidenza, di volerlo provvedere in quella sua estrema necessità. Dio udì le suppliche del suo servo fedele, e ispirò quello che aveva ricevuto il lavoro a soddisfare il Santo delle sue fatiche, per il che rientrato in sé si avvide del male che aveva fatto e subito andò a cercare il Santo e lo soddisfece di quanto gli doveva, pregandolo inoltre di compatire il suo trascorso. Il Santo ricevette la sua paga come per elemosina, e ringraziò prima Dio che l'aveva provveduto in quel suo bisogno, e poi ringraziò colui che gli dava il suo dovere; così Giuseppe rimase arricchito di merito ed insieme provveduto nel suo bisogno, e costui restò molto edificato della virtù del santo Giovane. Il demonio, sempre più confuso e svergognato, gli fece molti di questi tiri, e tutti servirono per arricchire il Santo di meriti e per fargli acquistare stima presso gli uomini.
Gli presentano una giovane - Il nemico trovò un altro modo di travagliarlo, assai più penoso al Santo, e fu di mettere nel cuore di alcuni, sotto il pretesto della carità e della compassione, di volere accasare il Santo Giovane, affinché potesse vivere con più comodità, e non patisse tanto nello stare lì solo e abbandonato da tutti. E di fatto alcuni, con buon zelo, si misero a persuaderlo che si accomodasse e si accasasse perché facilmente l'avrebbe trovato, essendo egli un giovane attento e lavoratore. Il Santo inorridì a queste proposte, perché aveva già consacrato a Dio, con un voto, il suo illibato candore; e non solo non ebbe mai tale pensiero, ma inorridiva al sentirne parlare e gli si ricopriva il volto di un rossore verginale, e la risposta che diede a questi, fu che non gli parlassero di accasamento, perché egli stava più che bene in quello stato. Ma non per questo desistettero dal tormentarlo su questo particolare, anzi lo forzavano con lusinghe e con preghi; perciò il Santo ne sentiva una pena molto grande, e rivolto al suo Dio, lo supplicò di volerlo aiutare e difendere da quel travaglio e liberarlo dall'importunità di quelli che, con il pretesto del bene, gli volevano far perdere il prezioso tesoro della verginità, e sovente diceva al suo Dio: «Tu, mio Dio, sai bene che ho sacrificato a te, con un voto, la mia verginità. Non permettere che io sia travagliato su questo particolare!». Dio udiva le suppliche del suo servo fedele, e differiva di esaudirlo per accrescergli maggiormente il merito. Coloro che l'importunavano avevano già trovato di accasarlo, ma trovando che il Santo Giovane era sempre più renitente, non sapevano come fare per farlo cedere alle loro persuasioni; così un giorno si accordarono di condurlo con loro a prendere le misure per fare un certo lavoro, ed in tal congiuntura fargli vedere la giovane destinata da loro per sua sposa e in quell'occasione farlo cedere e piegarsi alle loro suppliche. Chiamato dunque il Santo Giovane, con la scusa del lavoro, lo condussero in casa e gli ordinarono il lavoro. Giuseppe prese le misure del lavoro che doveva fare, e nell'andarsene lo fermarono e gli fecero vedere la giovane da loro destinata per sua sposa, e gli dissero: «Sappi, Giuseppe, che questa è la giovane che vogliamo darti per sposa; non devi contraddire, perché è ornata di virtù e di bontà...». A queste parole il Santo Giovane restò ferito dal dolore, e fuggì con grande velocità, lasciando tutti attoniti per la meraviglia ed insieme confusi, cosicché non lo molestarono più. Il Santo se ne andò subito al Tempio e qui, piangendo, supplicò il suo Dio di volerlo liberare da quella grave persecuzione, che gli si rendeva insopportabile, e Dio lo consolò promettendogli che non sarebbe più stato travagliato in questo. Il nostro afflitto Giuseppe asciugò le lacrime, e si consolò tutto per la promessa il suo Dio gli aveva fatto interiormente, e lo ringraziò del beneficio.
Consolato dall'Angelo - La notte seguente l'Angelo gli apparve nel sonno e gli ratificò quanto Dio gli aveva promesso, e l'assicurò che il suo Dio aveva goduto molto nel vederlo così costante e fermo nella promessa fattagli di conservarsi vergine. Così il nostro Giuseppe rimase pienamente consolato, e il demonio rimase più confuso e svergognato, ma sempre più infuriato verso il Santo Giovane; e cercò altri modi per travagliarlo, ma ne restò sempre confuso.
Tentazioni demoniache e nuove vittorie - Quando ebbe terminato di travagliarlo con le creature, Dio gli diede il permesso di molestarlo con le tentazioni per accrescere maggiormente di meriti il Santo; e gli diede la libertà di tentarlo con ogni sorta di tentazione, tranne quella contro la purezza, perché Dio non volle mai che il suo purissimo servo fosse tentato in questo. Il nemico si accinse a combattere con tentazioni il fortissimo ed invincibile petto del nostro Giuseppe, e appena finiti i travagli che riceveva dalle creature, incominciò a soffrire dei travagli per mezzo delle molte e varie tentazioni. Prima il demonio si mise a tentarlo di vanagloria, mettendogli davanti la sua grande virtù, la sua bontà, la fedeltà che aveva al suo Dio, il molto che per Lui soffriva, le opere buone che faceva e il molto che aveva lasciato, per cui poteva meritarsi un gran premio e una grande ricompensa da Dio, e che al mondo non c'era nessun altro simile a lui nella bontà e nella pratica delle virtù. Il Santo fu atterrito da queste tentazioni perché, essendo umilissimo, si stimava anche un grande peccatore; per cui fece subito ricorso al suo Dio con la preghiera, perché ben conobbe che quella era una tentazione diabolica; e facendo atti contrari alla tentazione, vinse e superò il nemico, il quale incominciò a tentarlo di gola, facendogli venire voglia di gustare cibi e vivande squisite, e il Santo superò anche questa con più digiuni e mortificazioni. Lo tentò di avversione e odio contro chi l'aveva offeso e maltrattato, ma il Santo desiderava per costoro ogni bene, e pregava il suo Dio di beneficarli. Lo tentò contro la fede, persuadendolo che le cose che l'Angelo gli diceva erano tutte velleità e pazzie, ma in questo il Santo stette sempre forte, come aveva fatto in tutte le altre cose. Gli mise in mente il molto che aveva lasciato e che poteva riacquistarsi tutto, dandogli il desiderio della ricchezza. Il Santo disprezzava tutto, dicendo che gli bastava solo la grazia del suo Dio, e che con quella era pienamente contento. Il Santo fu molto battagliato, e in vari modi, però superò tutto con grande generosità, mentre aveva la grazia e l'assistenza del suo Dio. Il demonio restò abbattuto e, tutto confuso, si ritirò giurandogli però di volergli fare sempre guerra. Il Santo non temeva, perché aveva Dio dalla sua parte e diceva col santo Davide: «Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore? Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme...» (Salmo 26, 1-3). «...non temerei alcun male, perché tu sei con me» (Salmo 22, 4). E diceva questo con fiducia al suo Dio, che trovò sempre in suo aiuto.
Aridità - Terminate le tentazioni del nemico infernale, il nostro Giuseppe non stette molto in pace, mentre Dio volle provarlo di nuovo Egli stesso, sottraendogli i lumi, il fervore e la consolazione interiore, così il Santo cadde in una grande aridità di spirito. Oh! Qui sì che il nostro Giuseppe soffrì un grande travaglio, per il timore di avere disgustato il suo Dio e per vedersi come derelitto e abbandonato dal suo Dio, unico oggetto del suo amore. Come smaniava! Come si raccomandava! Quante suppliche e sospiri inviava al cielo! Stava le notti intere genuflesso in atto supplichevole, pregando il suo Dio di manifestargli in quale modo fosse rimasto offeso da lui, perché, riconosciuto l'errore, potesse fare la dovuta penitenza; ma il cielo, fatto di bronzo alle sue suppliche, non gli recava conforto alcuno. L'Angelo non gli parlava più nel sonno, e non avendo il Santo con chi sfogare la sua pena si rivolgeva sovente al suo Dio dicendogli: «O Dio di Abramo, d'Isacco, di Giacobbe! O Dio mio, dal quale tanto bene ho ricevuto, che sei tutta la mia eredità, tutta la mia consolazione e il mio conforto, muoviti a pietà del tuo indegno e vile servo! Tu mi hai promesso il tuo aiuto, il tuo favore; ora è tempo che mi mantenga le promesse e mi consoli in tanta mia afflizione. Quale male ho fatto io, perché tu ti sei allontanato da me? Fammi la grazia di poterlo conoscere! È vero che ti ho molto offeso, ma tu sei buono, sei misericordioso, perciò ti supplico di perdono. È vero che io non lo merito, ma tu, sei buono e perciò lo spero». Il nostro Giuseppe faceva queste suppliche, delle quali Dio godeva molto, ma pure tardava ad esaudirlo e a manifestarsi a lui. Il Santo soffriva il suo travaglio con molta rassegnazione, ma non lasciava già di continuare a pregare il suo Dio.
Intercessione potente di Maria - Un giorno, più afflitto e angustiato del solito per la lontananza del suo unico bene, gli sembrava di non poter più vivere, e con una gran fede e confidenza se ne tornò al Tempio, e rivolto di nuovo al suo Dio gli porse calde suppliche, e poi gli disse che si degnasse consolarlo per il gusto grande che gli dava la Fanciulla Maria che stava al Tempio, e per i meriti e le virtù della stessa. Nello stesso tempo che Giuseppe faceva questa supplica, la Santissima Fanciulla Maria stava pregando Dio per Giuseppe, mentre in spirito Dio le fece vedere i bisogni e travagli del Santo; così Dio accondiscese alle suppliche della Santa Fanciulla e alle preghiere del suo servo fedele, e gli si manifestò con grande chiarezza, riempiendo la sua mente di lumi, e infiammando il suo cuore d'amore. Gli fece udire la sua voce nel più profondo del cuore, che gli disse: «Giuseppe, mio fedele servo ed amico, non temere perché io sono con te, non ti ho mai abbandonato. Sta' pur sicuro dell'amore e della mia grazia!».
Estasi sublime - A queste dolcissime parole, il Santo andò in estasi, e rimase per un pezzo assorto godendo del suo Dio, che con tanta generosità si manifestava alla sua anima. In questa estasi gli si manifestarono molti segreti della divina sapienza, e come Dio permetta che i suoi amici siano travagliati, per più arricchirli di meriti. Conobbe anche il grande merito che la Fanciulla Maria aveva presso Dio, e come questa aveva pregato molto per lui per impetrargli la grazia dal suo Dio di manifestarsi alla sua anima, e dar fine ai suoi travagli. Il Santo fece molti atti di ringraziamento al suo Dio, e gli dedicò di nuovo tutto se stesso; lo supplicò di ricompensare la Santa Fanciulla Maria della carità usata verso di lui, e le restò molto più affezionato. Lodò il suo Dio e restò sempre più ammirato della sua bontà e dell'amore che gli portava. Si concentrò molto più nell'abisso del suo niente, umiliandosi al cospetto del suo Creatore, riconoscendo il tutto dalla sua infinita bontà, e lo pregò della sua continua assistenza e protezione. Quando ebbe fatto tutti questi atti, il nostro Giuseppe partì dal Tempio tutto consolato, e non sapeva dire altro, che col santo Davide: «Quanto è buono Dio con i giusti, con gli uomini dal cuore puro!» (Salmo 72, 1), e quell'altro versetto: «Quand'ero oppresso dall'angoscia, il tuo conforto mi ha consolato» (Salmo 93, 19), e vari altri versetti di cui il Santo si serviva sempre, secondo il bisogno in cui si trovava.
Consolato dall'Angelo - La notte poi, l'Angelo tornò di nuovo a parlargli nel sonno, e gli disse come il suo Dio avesse goduto molto di vederlo costante e paziente in tutti i travagli, e che aveva arricchito e ricolmato la sua anima di grazie e di meriti: e l'animò ad essere sempre più costante e paziente nei travagli, perché Dio nel corso della sua vita, gliene avrebbe mandati molti e molto gravi, che perciò si facesse cuore e non temesse, perché Dio sarebbe stato sempre in suo aiuto, e che avrebbe ricevuto molte consolazioni ancora sopra ogni suo credere. Perciò il Santo, animato e consolato, si offriva sempre pronto a soffrire tutto, purché il suo Dio non l'avesse abbandonato.
Suo merito speciale - Il nostro Giuseppe si rendeva molto gradito al suo Dio nella pratica delle sue virtù, nella sofferenza, nel soffrire, nel disprezzo di tutte le cose caduche e transitorie, nell'abnegazione di se stesso, nel godere di essere disprezzato per amore del suo Dio. Si è reso mirabile sopra ogni altro Santo, perché quelli hanno avuto i consigli e l'esempio del Redentore, ma il nostro Giuseppe non aveva ancora visto il suo Dio in carne mortale, né aveva udito i suoi insegnamenti, tuttavia fu così eccellente nelle virtù e si perfezionò in ogni sua operazione.
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